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mercoledì 18 marzo 2009

La ZOBIA


LA ZOBIA, IL CARNEVALE FIORENZUOLANO

E' una delle tradizioni più radicate nello spirito fiorenzuolano, legata al periodo del carnevale: è infatti consetudine che durante la settimana compresa tra il giovedì ed il martedì grasso, i fiorenzuolani si abbiglino nelle foggie più strane ricorrendo soprattutto ad indumenti usati accostati nei modi più stavaganti, e si riversino nelle vie del centro rivolgendosi reciprocamente lazzi e scherzi, approfittando del fatto di non essere riconoscibili grazie al mascheramento (secondo Artocchini ed Ottolenghi la zobia deriverebbe da un'antica maschera ebraica). Da parecchi anni le maschere della Zobia, singole o in piccoli gruppi, sono state affiancate dalla parata dei carri, allestiti dai cittadini dei diversi rioni della città (ma anche da gruppi provenienti dai paesi limitrofi), sui quali sono rappresentate scenette principalmente ispirate a fatti e personaggi fiorenzuolani, al fine di aggiudicarsi il "Palio della Zobia" assegnato al miglior carro mascherato. E' inoltre divenuto usuale che il sabato pomeriggio della settimana di carnevale venga dedicato ai più piccoli che, accompagnati dai genitori, ballano e scorrazzano in Piazza Caduti sulle note delle musiche per ragazzi in voga al momento ed allietati da scenette appositamente allestite per i più piccoli. Il nostro club non poteva certamente far mancare la sua presenza in una manifestazione nella quale abbondano le occasioni per "immortalare" scenette e personaggi. Nelle giornate della Zobia i soci del CCF si scatenano per le vie della nostra cittadina fotografando le innumerevoli maschere che abbigliate e truccate nelle foggie più strane interpretano principalmente figure e situazioni tipiche fiorenzuolane non disdegnando di ispirarsi anche ad eventi di carattere nazionale che vanno dallo sportivo, al politico, al televisivo. I risultati di tanta "fatica" si possono vedere circa tre settimane dopo la fine dei festeggiamenti legati al carnevale e si concretizzano in una mostra-concorso, aperta a soci e non.Parte della giuria che ha assegnato il "Palio della Zobia" al miglior carro, si incarica di giudicare e premiare le foto presentate.Questo fa si che la valutazione sia oltremodo critica in quanto i giurati hanno ancora ben presente i soggetti ritratti nel momento in cui esaminano le fotografie proposte. All'apertura della mostra le persone ritratte hanno modo di rivedersi e di vedere i loro concittadini che, alcune volte, non hanno avuto occasione di incontrare durante le giornate del carnevale essendo magari su due carri diversi.Anche chi ha avuto invece modo di assistere al carnevale da spettatore rivive con piacere quei momenti, spesso sorridendo di nuovo al ricordo suscitato dalle immagini esposte. Le immagini fin qui proposte fanno parte della nostra collezione e comprendono le foto scattate fino al carnevale 2000.Vi attendiamo in occasione dell'edizione 2001 della Zobia fiorenzuolana non solo come visitatori del nostro sito ma anche come spettatori della sfilata dei carri ed alla successiva mostra.Cosa ne dite di "impugnare", per l'occasione, la macchina fotografica e di presentarvi anche in veste di autore concorrente al nostro concorso ?19 Novembre 2000 (
http://www.c-c-f.it/pagine/zobia.html)


La "Zobia" fiorenzuolana deriva dall'antica maschera ebrea?
E' vietato alle zobie essere eleganti; devono invece essere il più possibile stracciate.Questo particolare ci ha suggerito un'ipotesi tanto azzardata quanto suggestiva sulla loro origine; ci ha fatto pensare che la zobia derivi dalla maschera ebrea, anticamente usata a Fiorenzuola.Per poter capire questa affermazione occorre tenere presente alcuni fattori: l'antichissimo insediamento ebraico nel paese, la tradizionale festa del Purim corrispondente al nostro carnevale e origine (secondo il Milano, autore di una fondamentale opera sugli ebrei in Italia) delle maschere, il particolare mestiere a cui furono legati da specifiche bolle papali nel corso del secolo XVI gli ebrei stessi (la "strazzeria" o il commercio e la compravendita degli stracci).A queste considerazioni di carattere generale, occorre aggiungere l'antichissimo uso della maschera ebrea, ossia del particolare travestimento che si effettuava parecchi secoli fa a Fiorenzuola.I giovani, forse affetti da una certa invidiuzza per la condiderevole posizione economica raggiunta dagli ebrei, sentivano forse il bisogno di travestimento speciale durante il carnevale.Gli abitanti di Fiorenzuola si mettevano addosso abiti lordi e laceri, che ricordavano l'abitudine degli israeliti di contrattare stacci e penne e, incontrandosi, intrecciavano un dialogo in cui si fingevano ebrei che volessero acquistare gli uni dagli altri stacci.Il venditore usava un dialetto forestiero e lo contraffaceva alternandolo con parole italiane storpiate, raddoppiando le consonanati là dove non c'erano e dimezzandole dove esistevano. I protagonisti si allontanavano dopo essersi scambiati infiniti salamelecchi, che provocavano il riso dei presenti.Questa maschera ebrea, da quanto ci risulta, non dovette causare tafferugli od altro fra i fiorenzuolani e la comunità israelitica, ma certo gli ebrei dovettero esserne rincresciuti; sappiamo che nel 700 si ebbero varie grida, rispettivamente nel 1714 e 1719, che proibivano la maschera ebrea; nel 1738 il podestà del luogo, il dottor Gandolfi, pubblicava un'altra grida in cui, richiamando le precedenti, proibiva la maschera stessa, sotto pena di pagare 100 scudi d'oro.Questo non garbò molto agli abitanti di Fiorenzuola, che considerarono la deliberazione come una prova di debolezza del podestà ed un oltraggio ad un loro diritto acquisito da anni. I Reggenti allora si riunirono a due colleghi, i deputati Giacomo Fioruzzi e Bonifacio Lonchi, fra l'altro nemici del podestà, con l'incarico di redigere un rapporto e di inoltrarlo al governatore di Piacenza.Nella lettera si chiedeva che il pubblico di Fiorenzuola fosse lasciato libero di usare anche la maschera ebrea che essi avevano sempre paticata: veniva unito anche un memoraiale in cui era ribadito il concetto che non si poteva proibire la maschera ai cristiani "che avevano tutto il diritto di valersene", in seguito erano esposte altre ragioni che scadono però nel pettegolezzo.Comunque, questa furente requisitoria ebbe successo, tanto che da Piacenza pochi giorni dopo venne l'ordine che si affiggesse una grida manoscritta nella quale di diceva che l'avviso precedente si doveva interpretare nel senso che veniva proibito offendere, insultare con parole o con fatti la nazione e le persone ebree, ma era permesso mascherarsi da ebreo e anche "praticare e imitare gli abiti e i costumi anche d'altre nazioni".Caduto il dubbio che "zobia" possa essere parola di derivazione israelitica per la cortese precisazione del prof. don Bonati, insegnante di ebraico nel nostro Seminario ("zobia" deriva invece dall'espressione latina "iovia"), la nostra tesi rimane per ora nel campo delle ipotesi, molto verosimili del resto, che potrebbe essere confermata da documenti che ci diano prova che questa tradizione continua dal XVI secolo ad oggi senza soluzione di continuità.
Carmen Artocchinida: LA LIBERTA' di venerdì 23 febbraio 1968 (pagina 5)



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