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lunedì 14 novembre 2011

FIORENZUOLA-Pontisola 1-2 Simone Ingribelli

Se alla mezz’ora del primo tempo ci avessero detto: “Voi tifosi del Fiorenzuola uscirete oggi dal vostro stadio sconfitti” gli avrei riso in faccia. Invece è andata così. Battuti dal modesto e baby Pontisola nello scontro-salvezza della tredicesima giornata. Sconfitta che vale doppio.
Fiorenzuola rimaneggiato ma ringalluzzito dai buoni risultati ottenuti negli ultimi due turni. Il Pontisola (ex Ponte San Pietro) sbarca in Valdarda in completo granata con scritte oro e una formazione giovane come l’acqua come la nostra, priva del temuto attaccante Salandra. Non c’è più il drappo bianco-blu in tribuna ospiti laterale. Al sole si sta bene quasi temperature da (disco)topless perché dalle parti della panchina ospiti, trainer Cesana è in maniche corte, forse a mostrarsi in tutto il suo splendore alla vicina segnalinee. Gigen, in servizio nella Pubblica a bordo campo, gli avrà chiesto l’amicizia in Facebook? Ce la crisi di governo, la crisi finanziaria.. ma cazzo me ne frega.. ho il Fiore e la Figa nella testa. E che Fiore! Non c’è più in campo una squadra sprovveduta ma vera Squadra con attributi e gioco. Primo tempo, fino alla mezz’ora perfetto. Il vantaggio lo timbra Simone Ermando Ingribelli da vero bomber ad infilare il non irresistibile Paleari. Da registrare inoltre almeno due occasioni importanti (non finalizzate dai nostri) per mettere in cassaforte i tre punti. Pregusto da sciocco già la vittoria, perché in campo vedo solo una squadra: Il mio Fiorenzuola. Poi quando meno te lo aspetti, in pratica a tempo scaduto, il patatrac. Diotti di Tivoli, a no Viotti! Decreta nello stupore generale, un calcio di rigore per gli ospiti causato da un bagher del nostro De Angeli al limite dell’area di rigore. Io mi stupisco fino ad un certo punto, in quanto non ho scordato la clamorosa schiacciata alla Francesca Piccinini sempre del nostro n°5 nell’area di rigore opposta, di due anni fa, quando Davide vestiva la casacca azzurra della Caratese. Questi colpi, ahimè il ragazzo di Abbiategrasso lì nel repertorio. Per De Angeli designato colonna di questa squadra, che non ha mai disdegnato impegno e serietà, diciamo che sono errori che possono capitare. E’ andata così ma c’è tutto un tempo per recuperare, l’avversario non mi sembra granchè e sono sicuro che i ragazzi non ci deluderanno. Le squadre vanno verso il tunnel con il loro n. 4 Luca Gestra (leggo sulla distinta) a parlottare con il direttore di gara. Se Vanoncini sembra Grignani (Harem forever), Gestra, quello con il codino assomiglia da morire alla Volpe di Castelnuovo Fogliani. Uno che quando vedeva una figa non capiva più niente, che con due bicchieri andava fuori. Un caro amico che non vedo da tempo. Intervallo, pensieri malmostosi.. tifo scarso, con Jameson Sozzi influenzato sono dolori e se invece di quei tocchettini del cappero là davanti sparavamo la palla in rete ora saremmo sul due a zero e buonanotte suonatori! Intervallo, spogliatoi: delle possibili mosse di Cesana, Lucci se ne infischia, lui la sa lunga, cambia. Fuori Filippo Guerini fra i migliori in campo (con Simone Lucci) e fuori Andrea Lucci. I neo-entrati risulteranno a fine gara i peggiori in campo. Giorgio Veneri nel 1993, afferrava a terra Fabio Paratici (ora dirigente della Juventus) e lo scaraventava contro gli avversari. Giorgio Veneri affermava convinto: “per avere una mentalità vincente.. per vincere un campionato bisogna essere un po’ bergamaschi”. A distanza di anni gli riconosco tutta la sua saggezza e lungimiranza. Secondo tempo, ex muratori e cottimisti all’arrembaggio, vogliono gloria e vittoria. I nostri equilibri sono saltati, non c’è più incisività, paura e poche idee la fanno da padrona, siamo smorti come le nostre casacche. Vedo solo una squadra in campo, il Pontisola. Un palo, una paratone di Anelli ci tengono sospesi per un filo. Un finale horror per noi, va in onda: “Il prato macchiato di rosso(e nero)" regia di S.L.. (ridere per non cridare). Capitoliamo al minuto 57’, fottuti da un rocambolesco autogol. Il morale torna sotto la suola delle scarpe. Una invitante spizzata di testa mancata e una ribattuta su un tiro di un compagno è tutto il Fiorenzuola del secondo tempo. Niente più ballo di San Vito per Settimio Lucci. Contestazione che non accetta. Domenica si va a Olginate per (si spera) il riscatto. Forza Ragazzi.
ultrasfiorenzuola@libero.it



FIORENZUOLA-PONTISOLA 1-2

FIORENZUOLA: Anelli, Biolchi, Dell'Orco, Russolillo, De Angeli, Contini, Guerini (46' Bedogni), S. Lucci, Piccolo, A. Lucci (46' M. Bovi), Ingribelli (65' Cozzi). All. Settimio Lucci
PONTISOLA: Paleari, Andreoni, Perico, Gestra, Vanoncini, Binda, Vital (87' Kraja), Ruggerini, Traini (90' Bergamini, Stucchi, Risi (68' Teofilo). All. Fabrizio Cesana
ARBITRO: Viotti di Tivoli (Sirizzotti-Maccà)
MARCATORI: 10' Ingribelli (F), 46' pt rig. Vitali (P), 57' aut. Contini (F)
NOTE: giornata soleggiata, terreno in buone condizioni, spettatori 300 circa.
Ammoniti: Gestra (P), Ingribelli (F), Contini (F), Perico (P), Bedogni (F), Ruggeri (P).
Angoli: 4-2






film al limite dell'assurdo, quasi più comico che horror, girato a Fiorenzuola nel 1972 da Riccardo Ghione, IL PRATO MACCHIATO DI ROSSO,
Dalle riprese si riconoscono: un giovanissimo Lucio Dalla nel panni dell'ubriacone. VILLA ANITA di via Calestani, il Ponte sull'Arda di Maria Luigia, l'azienda vitivinicola TESTA di Castell'Arquato..... "Il sangue vale molto, sai? Vale più del petrolio" ANCHE I PUNTI!!!

La Frase dal Film: "Il sangue vale molto, sai? Vale più del petrolio, più dell'oro e serve a salvare la vita di chi può pagarselo [...] Lo vedi, no, quali sono le mie vittime? Gente che non conta: prostitute, barboni, zingari, vagabondi come voi due, gente che non ha lavoro, non ha famiglia, gente che non ha radici, gente che nessuno piange. Il loro sangue vale molto di più delle loro vite"


IL PRATO MACCHIATO DI ROSSO Bizzarria su pellicola che se non fosse per il solito caparbio manipolo di appassionati di cinema di genere, ci sarebbe da chiedere se davvero mai sia stato prodotto. Girato dal poco prolifico Ghione, con l'intenzione di mixare horror e critica sociale alla ...Hanno Cambiato Faccia (1971) ma ottenendo risultati definitivamente trash. Sarà perché Nino Castelnuovo veste i panni di un agente dell'UNESCO (?), o per la presenza di Tarascio nei panni del mad doctor (e dei suoi papillons ne vogliamo parlare?) o, meglio ancora, per la guest star Lucio Dalla che non solo canta il leitmotiv del film ma recita pure nei panni di un barbone avvinazzato; quest'ultima scelta dimostra una certa coerenza dell'artista, a partire da Piazza Grande arrivando all'emerita attività filantropica che Dalla realizza una volta all'anno a Bologna (credo) offrendo da mangiare ai senzatetto. Sta di fatto che la sua interpretazione è, più o meno volutamente, stralunata ed incomprensibile; a me ha dato l'impressione di essere un proto-Beruschi. La critica sociale di Ghione, di per sé pertinente, interessante e valida ancor'oggi, si perde in scene senza soluzione di continuità, in sequenze di nudo, in macchinari kitch usciti da un filmaccio anni '50 e in dialoghi nulli. Evidentemente le velleità "controculturali" di Ghione, già espresse nelle pellicole sessantottine quali La Rivoluzione Sessuale (1968) e A Cuore Freddo (1971), non vanno di pari passo ad una sufficiente capacità tecnica come regista. A tratti viene il dubbio che il delirio de Il Prato Macchiato di Rosso sia programmatico ma a più riprese si ha la conferma che no, il film è proprio mal fatto e anche parecchio noioso. Marina Malfatti, attrice di mestiere (Tutti i colori del buio, 1972; Sette orchidee macchiate di rosso, 1972; La Dama rossa uccide sette volte, 1972; Un Fiocco nero per Deborah, 1974), ci mette espressioni e una certa dose di convinzione, ma è una goccia nel mare. Detto così, per quelli del club "so bad so good", non può che trattarsi di un qualche capolavoro; anche per il ritardo di distribuzione che subì la pellicola (uscì nel 1975) e per il devastante insuccesso di pubblico una volta uscito. Invedibile per uno spettatore mainstream, curioso per il cinefilo che ama "vedere" più che selezionare; per questi ultimi Il Prato Macchiato di Rosso potrebbe risultare uno spasso, per uno spettatore "normale" invece si tratterebbe di un suicidio. Io mi sono divertito, ma si sa, non sono normale.

MI VUOI COGLIONARE?!


Il film fa la critica della società capitalistica e industriale che vampirizza tramite le macchine coloro che, non avendo soldi, ed essendo il soldo il metro di misura valoriale nel capitalismo, non valgono nulla. Encommiabile. Peccato che poi, con non si sa quale coerenza, il film mostri una scena in cui un protagonista sorseggia un noto whisky aggiungendo soddisfatto "Ah Chivas!", secondo i tipici mezzucci della pubblicità occulta di un tempo. Ma la pubblicità non è forse uno dei primi motori del commercio alla base del capitalismo moderno? Chi è senza peccato scagli la prima pietra.


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