Pagine

giovedì 23 febbraio 2012

SCUOLA DI LADRI un film di Neri Parenti

Un film di Neri Parenti. Con Massimo Boldi, Paolo Villaggio, Lino Banfi, Ennio Antonelli, Antonio Allocca. Barbara Scoppa, Claudio Boldi, Enrico Maria Salerno
durata 96' min. - Italia 1986.


Trama: in regia Mastrodonato di Molfetta. Matteassi, DaffeFranzini interpretano: Dalmazio, Amalio ed Egisto Siraghi sono tre cugini che non si conoscono tra loro e che vivono alla meno peggio con lavori di fortuna: il primo, Dalmazio, fa la guardia ad una banca ma è così maldestro che sotto i suoi occhi avviene una rapina e lui non riesce a far nulla contro i malviventi. Il secondo, Amalio, fa il dog sitter, (sorvegliante di cani) deriso e scarognato, l'ultimo dei tre, Egisto, fa il venditore ambulante nonchè pulitore di vetri d'auto assediato dalla concorrenza più spietata. Sono tre disgraziati e derelitti, onesti in fondo ma senza una lira. A farli incontrare ci pensa un misterioso zio, un certo Aliprando Siraghi, il quale vive molto agiatamente in una lussuosa villa, servito da un aitante giovanotto di colore, Nero. Aliprando, paralizzato costretto su una sedia a rotelle, dice di essere un famoso ladro ormai a riposo ma che vorrebbe continuare la sua attività, disonesta ma redditizia, tramite i tre sciagurati nipotini. Questi sono stupiti di tale proposta: non sono ladri di professione e non saprebbero nemmeno da dove cominciare. Niente paura, lo zio Aliprando li consegna a Nero per una rapida educazione al furto, alla truffa, alla rapina e ad ogni sorta di disonestà. I tre eroi non danno molta soddisfazione al loro istruttore; nonostante ciò al termine del corso sono pronti ad agire agli ordini dello zio-boss Aliprando. Primo colpo ai grandi magazzini: ma per una strana soffiata vengono sorpresi sul fatto dalla polizia, arrestati e messi in prigione per sei mesi. All'uscita dal carcere vengono a sapere che è stato proprio lo zio a denunciarli per farli temprare alla durezza del carcere. I cugini non vogliono più saperne di fare i ladri con lo zio, ma alla fine, costretti dalla fame e dalla necessità di sopravvivere, tornano da lui e si mettono di nuovo al suo servizio. Iniziano una serie di furti e truffe ai danni di banche, di sprovveduti ricconi americani, di ingenui venditori di pellicce, di incauti nudisti; entra a far parte della banda anche un'avvenente cameriera, Marisa Padovan, di cui Egisto si innamora immediatamente. Ella dovrebbe essere lo strumento per entrare nella villa ricca di preziosi in cui lei lavora. Ma le cose vanno diversamente: i tre ladri, guidati dall'astuto zio, tramite una radiotrasmittente, entrano nella gioielleria Van Clift e rubano i meravigliosi gioielli ma per una leggerezza di Amalio sono costretti a fuggire in fretta per non essere presi dalla Poiizia. Riescono a salvarsi con una rocambolesca fuga in un teatro: vengono poi aiutati dall'autista dello zio Aliprando che li preleva con la macchina portandoli al sicuro nella villa insieme alla grossa refurtiva. Qui però i tre malviventi vengono bidonati clamorosamente dallo zio Aliprando: infatti questi, che non è affatto loro zio ed è perfettamente sano, fugge con la bella Marisa portandosi via tutto il bottino dei tre. Su una videocassetta ha registrato per loro un messaggio: è bene nella vita non fidarsi di nessuno.
Il film è un esempio di cinema trash degli anni ottanta. Ogni singola componente è paradigmatica del genere: il cast, ad esempio, prevede la contemporanea presenza di tre grandi attori del cinema comico italiano, per certi versi complementari tra loro. In più un magistrale Enrico Maria Salerno conferisce un'aura di serietà e rigore che accentua l'effetto umoristico complessivo. La colonna sonora utilizza canzoni in voga all'epoca dell'uscita del film, come la notissima "Run to me" di Tracy Spencer (tra l'altro vincitrice del Festivalbar 1986), icona della musica anni ottanta. Quanto agli espedienti comici utilizzati, si notano riproduzioni all'inverso, mad run sketches, schiaffoni, insomma un'antologia delle tecniche umoristiche tipiche della commedia italiana del periodo. Anche il font utilizzato per i titoli di testa e di coda, il celeberrimo Cooper Black, rappresenta l'emblema di tutte le pellicole più note del genere B-movie italiano.
Il film presenta un messaggio psicologico: non fidarsi mai di nessuno, e neanche di un presunto zio pronto a raggirare tre poveri cittadini onesti, ma imbranati.

Nessun commento:

Posta un commento