sabato 4 gennaio 2025
STORIA DEL MOVIMENTO ULTRAS IN ITALIA
IL FATTO PAPPARELLI E L'ETA' DELL'ORO - La morte di Papparelli rappresenta per il movimento ultras una sorta di bivio: rialzarsi o sparire, essere fenomeno da baraccone o vero e proprio movimento giovanile. In poche parole: il clima repressivo che ne seguirà metterà per la prima volta gli ultras a dura prova, ed i ragazzi che in seguito a quella prima, piccola (rispetto a quanto il “democratico governo italiano” combina oggi) caccia alle streghe rimarranno al loro posto sulle gradinate diverranno delle vere e proprie colonne portanti del movimento ultras italiano. Il governo se ne uscirà con la proposta di vietare l’esposizione di striscioni che possano inneggiare alla violenza: i vari Commandos, Brigate, Armata, ecc in voga all’epoca, in molti stadi diventano tabù; così come teschi, spade, stelle a cinque punte, aquile… Ma se da un lato il “potere” cerca di togliere, dall’altro concede: il neonato movimento, infatti, non è malvisto proprio da tutti, anzi molti Questori e qualche Ministro dell’epoca vede lo stadio come una valida alternativa alla strada. Per capire meglio bisogna sempre ricollegarsi alla difficile situazione sociale della fine degli anni ’70: l’estremismo politico e la delinquenza comune andavano ormai di pari passo, così come i morti in nome di ideali che si stavano sempre più svuotando del proprio significato sociale per riempirsi solo di fanatismo; ormai non c’era manifestazione di piazza che non degenerasse in autentici assalti alla forza pubblica ed al patrimonio (auto bruciate, vetrine infrante, ecc.). Di conseguenza la nascita dei gruppi ultras era vista anche come un modo per incanalare il disagio sociale e circoscrivere le bande giovanili sugli spalti, luogo in cui sicuramente erano molto più controllabili. Fu così che lo stato, nonostante tentasse di combattere con provvedimenti farsa la violenza negli stadi (I C.U.C.S. della Roma cambiarono nome in “Ragazzi della Sud” per qualche anno prima di tornare alla denominazione originaria, ma di fatto la gente che componeva il gruppo era sempre la stessa…), si guardò bene dallo sferrare il “colpo” decisivo. Gli ultras stessi, passato il momento difficile, tornarono più forti di prima, e nel decennio che andava a cominciare si affermarono definitivamente… In seguito al trionfo della Nazionale Azzurra ai mondiali di Spagna nel 1982 ci fu poi un vero e proprio “boom” della passione calcistica (peraltro già forte prima). Le fila dei gruppi ultras si ingrossano, il fenomeno arriva anche a Sud, dove prima era appannaggio soltanto delle grandi città, e dove la passionalità della gente fa si che venga ben presto colmato il divario con le tifoserie del Nord. Ogni squadra di ogni città, dalla A alla C2 e molto spesso anche nelle categorie minori, ha il suo fedele seguito di ultras; mentre nelle città che hanno dato vita al movimento, gli aderenti ai gruppi diventano centinaia, a volte anche migliaia. L’organizzazione è ancora “ruspante” sotto molti punti di vista: le uniche entrate arrivano dalle collette e dalle prime forme di tesseramento, le coreografie sono ancora i fumogeni recuperati dai treni, in trasferta ci si appoggia ancora (fino ai primi anni ’80) ai clubs di tifosi, e molti stadi (soprattutto nel meridione) sono assolutamente da evitare. La violenza, nonostante i buoni propositi del periodo post-Papparelli, non accenna a diminuire (anzi!) e la polizia nei primi anni del nuovo decennio è ancora latitante: “Fino al 1985, il servizio d’ordine allo Stadio Appiani per una partita normale di serie B, era composto da una camionetta di carabinieri posizionata nei pressi della Curva Nord, ed una camionetta di carabinieri posizionata nei pressi della Curva Sud. La scorta per le tifoserie ospiti non era prevista, eccezion fatta per le partite contro Vicenza e Triestina, le uniche considerate a rischio, il cui servizio d’ordine era composto da un pullman di carabinieri,ed i tifosi ospiti venivano scortati dalla stazione allo stadio e viceversa da un paio di volanti. In totale, circa una sessantina di carabinieri per partite che all’epoca richiamavano 12-13.000 spettatori” (Dalle parole di un ultras biancoscudato dell’epoca). I “modelli” degli ultras nostrani rimangono gli hooligans d’oltremanica (che nel 1980 faranno la loro passerella ai Campionati Europei in Italia), e proprio sul loro esempio molti gruppi nostrani si faranno un nome basandosi sulla propensione allo scontro, su tutti gli interisti (protagonisti di un’autentica battaglia con i romanisti nel 1981, con oltre venti giallorossi feriti per colpi da arma da taglio), atalantini e veronesi. Gli ultrà della Roma invece sono molto più propensi al vandalismo gratuito (furtarelli e danneggiamenti vari) che non allo scontro vero e proprio, ma in qualche maniera sono un punto di riferimento anche loro: per il tifo innanzitutto, ineguagliabile sotto tutti i punti di vista; e per la capacità di muoversi in massa ovunque e terrorizzare (quando anche non mettere a ferro e fuoco) intere città. Il loro atteggiamento “zingaresco” darà origine ad incidenti gravissimi con i tifosi fiorentini nel 1983, in seguito ai quali diversi arresti colpiranno esponenti di spicco della Curva Fiesole, decretando di fatto lo scioglimento del gruppo storico degli “Ultras”. Le tragedie non finiscono di funestare il mondo del calcio: nel febbraio 1983 Stefano Furlan, ultras della triestina, muore in seguito al pestaggio da parte di un’agente di polizia dopo il derby di Coppa Italia contro l’Udinese, diventando così idealmente una delle prime vittime della repressione (che verrà ben conosciuta da tutti solo molti anni più tardi). L’anno dopo un tifoso rossonero, Fonghessi, muore prima di Milan-Cremonese accoltellato da un “collega” appena maggiorenne, che lo aveva scambiato per un tifoso grigiorosso a causa della targa della sua auto. La nuova ondata di violenza preoccupa e non poco, ed in molte città i clubs di tifosi cominciano a prendere le distanze dai gruppi ultras, togliendo loro in pratica appoggi logistici ed economici, soprattutto per quanto riguarda le trasferte. Ciò porterà ad un nuovo salto di qualità da parte del movimento ultras, più che altro a livello organizzativo: la “colletta” di un tempo non basterà più, si cominceranno a stampare adesivi, magliette e le prime sciarpe col logo ed il nome del gruppo. Inoltre i ragazzi che appartengono ai gruppi ultras posseggono un’”arma” che non è certo appannaggio dei clubs: il senso del gruppo, dell’amicizia, il cameratismo… Tutte cose che fanno si che un’intera generazione di giovani si coaguli intorno alle curve, da cui piano piano verranno sfrattati i clubs. Gli ultras stanno vivendo la loro “età dell’oro”….
L'HEYSEL - Nel maggio 1985 Juventus e Liverpool si contendono la Coppa dei Campioni nella finale di Bruxelles. E’ un periodo in cui gli hooligans inglesi fanno molto parlare di se, e l’Uefa ha la bella idea di scegliere come sede della finale lo stadio “Heysel”, che tutto è tranne un’impianto in cui siano anche lontanamente rispettate le più elementari norme di sicurezza. Anche l’organizzazione ci mette del suo: per la finale verrano inviati 17.000 biglietti in Italia più altrettanti in Inghilterra. Gli altri verranno venduti sul luogo e molti ad immigrati italiani o tifosi bianconeri, fra cui anche quelli di un settore dello stadio, lo “Z-side”, fatiscente e confinante con la curva assegnata ai “Reds”. Morale della favola: gli inglesi alticci cominceranno il solito lancio di oggetti verso il “Z-Side”, per poi tentare una carica che porterà al cedimento di un cancello con conseguente schiacciamento di decine di persone. Molti altri moriranno poi nella calca provocata dal panico della folla. Sarà un’autentica strage: ben 39 morti, uno dei disastri calcistici più grandi del calcio europeo. Per ore l’Heysel sarà terra di nessuno, in cui la polizia non ha più il controllo della situazione ed in cui gli ultras bianconeri tenteranno di farsi giustizia sommaria. Poi la grande pagliacciata: si gioca per “motivi di ordine pubblico” (forse sarebbe stato più onesto dire “per esigenze televisive”)! Così, mentre la Juve si porterà a casa la sua prima Coppa dei Campioni e l’Inghilterra verrà esclusa per cinque anni dalle competizioni europee per club, i governi di tutta Europa cominciano a studiare nuove norme repressive per arginare il fenomeno del “tifo violento”: chiaramente ci vorrà il suo tempo per accertare le responsabilità di chi a Bruxelles era preposto all’organizzazione dell’ordine pubblico, ed i responsabili non pagheranno fino in fondo (senza nulla togliere alle responsabilità dei tifosi, che comunque furono i primi colpevoli della tragedia)! In Italia il “Reparto Celere” della polizia, che fino ad allora veniva utilizzato solo nelle manifestazioni di piazza, viene messo a svolgere servizio negli stadi, e vengono imposte le scorte per tutte le tifoserie in trasferta. È un cambiamento non di poco conto, ma gli effetti si vedranno solo negli anni a seguire: come già detto in quel periodo il movimento ultras italiano attraversa la sua fase di maggior splendore, le curve sono piene ed infuocate come mai più saranno, molti giovani e giovanissimi vengono dalla strada ed hanno palle a sufficienza per confrontarsi (alcuni hanno anche molto poco da perdere, va detto!) e la polizia comunque non è ancora sufficientemente organizzata. Molto spesso basta prendere il treno prima dell’orario previsto, o spostarsi nella stazione vicina per evitare la scorta e regalarsi così una giornata di puro divertimento. Inoltre c’è un altro fattore da tenere presente: in quel periodo non esiste fra le tifoserie italiane la mentalità dello “scontro con le forze dell’ordine”. La polizia è più che altro un “elemento di disturbo”, e gli scontri (con le dovute eccezioni) sono fra opposte tifoserie, anzi molto spesso la pula arriva a giochi già fatti… tutto questo porta chiaramente ad una visione ed un concetto di “mentalità ultras” molto diverso da quello di oggi: il primo nemico è il tifoso avversario, il concetto di solidarietà fra ultras è praticamente inesistente (anzi, in quel periodo in caso di “carica” dei P.S. verso gli ultras nemici si usava aizzarli con cori tipo “UC-CI-DE-TE-LI!”, oggi non si usa più anzi si canta contro le forze dell’ordine, ed in fondo è giusto così visto che gli anni sono troppo diversi e la repressione l’hanno provata tutti sulla propria pelle…). Anche per gli scontri le cose sono molto diverse: unica regola, OMERTA’ ASSOLUTA! Chi per pararsi il culo accusa i suoi amici in Questura è un infame, per il resto tutto (quasi) è lecito, tanto che nelle curve a partire dalla seconda metà degli anni ’80 comincerà ad esserci una paurosa diffusione delle armi da taglio, una pessima abitudine che una volta sfuggita di mano creerà non pochi problemi al movimento stesso….
COPERTINE E SCISSIONI - Ma a partire dalla metà degli anni ’80 una nuova tendenza si diffonderà sempre di più all’interno della società italiana, trasferendosi da li alle curve: l’immagine! Siamo nell’epoca dei paninari e della disco-music, in cui al contrario del decennio precedente l’”apparire” comincia a prendere il sopravvento sull’”essere”. Di conseguenza anche nelle curve cominciano a perdersi di vista molti valori che avevano fatto grande il decennio precedente: i vecchi fumogeni non bastano più , è il periodo delle coreografie su vasta scala. Si parte con i bandieroni copri-curva per poi passare ai cartoncini, le bandierine… spettacoli sempre più elaborati che portano alla ribalta i ragazzi ultrà per le capacità organizzative ed inventiva. Sul campo coreografico tifoserie come romanisti, sampdoriani e napoletani verranno copiate ed imitate un po’ in tutta Europa. Dall’altra parte ci sono “gli integralisti” (veronesi, bergamaschi, ecc), privi di capacità coreografiche particolari ma portati a cantare ed a scontrarsi secondo tradizione. Inoltre in quegli anni sia Verona che Atalanta conosceranno la scena europea permettendo alle rispettive tifoserie di farsi conoscere e rispettare sui campi più caldi del Vecchio Continente: durante una trasferta a Belgrado con la Stella Rossa, ultras del Partizan aiuteranno le Brigate Gialloblù ad uscire dallo stadio nonostante il lungo assedio dei “Delije” della Stella Rossa. Questo fatto darà inizio ad un’amicizia fra le tifoserie dell’Hellas e del Partizan, tanto che in più di un’occasione sugli spalti del Bentegodi si potrà vedere lo striscione “Brigate sez. Belgrado”. Anche a Salonnico le Brigate Gialloblù se la vedranno brutta; mentre nel 1988 l’Atalanta arriva addirittura alla semifinale di Coppa delle Coppe, mentre Brigate Nerazzurre e Wild Kaos imperversano nei campi di mezza Europa, dal Galles alla Grecia al Portogallo fino alla semifinale di Mechelen in Belgio, dove 6.000 supporters nerazzurri faranno il bello ed il cattivo tempo, scontrandosi anche con la polizia locale che sarà costretta a respingerli a colpi d’idrante. Tre anni più tardi i bergamaschi si confermeranno come una delle migliori tifoserie d’Europa, presentandosi a Zagabria in 400 a pochi giorni dallo scoppio della guerra civile nell’ex-Jugoslavia, tutti muniti di baschetti da minatore nerazzurri! Chiaramente in Italia queste due tifoserie avevano ben pochi rivali, se si escludono i gruppi delle grandi città o i vicini di casa bresciani, all’epoca relegati però in categorie inferiori. Entrambe erano forse le uniche tifoserie del Nord Italia a seguire la propria squadra anche nei più pericolosi campi del Meridione, mentre le stesse Brigate del Verona più di una volta hanno fatto numeri impensabili per qualsiasi gruppo dell’epoca presentandosi in stadi come Roma e Milano senza scorta a cercare lo scontro…
Verso la fine del decennio cominciano anche le prime scissioni all’interno del movimento: dapprima nelle curve delle grandi città, poi piano piano anche nei piccoli centri, gruppi sempre più vasti cominciano a non riconoscersi più nella guida dei cosiddetti “gruppi storici”, accusando i capi di aver tradito la mentalità ultras originaria per vendersi al business ed ai compromessi. Nelle curve prendono piede una serie di scissioni e di gruppuscoli che vanno controcorrente rispetto al resto della curva, spesso anche in senso ideologico(anche se la politica all’epoca è ancora molto lontana dall’entrare “di forza” negli stadi…). Una delle prime piazze a conoscere queste scissioni sarà la Roma giallorossa: nel 1987 viene acquistato Manfredonia, giocatore ex-bandiera della Lazio odiatissimo dal pubblico romanista. Il Commando Ultrà si spacca fra favorevoli e contrari all’arrivo del giocatore: quelli fedeli alla linea dura manterranno la denominazione originale, gli altri prenderanno il nome di “Vecchio CUCS”; una spaccatura che finirà per rovinare per sempre quella che all’epoca era considerata unanimemente la “curva più bella d’Europa”… a sua volta l’ala più radicale del CUCS darà vita qualche anno più tardi a “Opposta Fazione”, formazione fortemente elitaria. I cugini laziali da questo punto di vista non stanno meglio: da una costola degli “Eagles Supporters” quello stesso anno nascono gli “Irriducibili” (oggi alla guida della curva laziale); che seguono uno stile ed un modo di tifare più “all’inglese”, senza tamburi, con striscioni di dimensioni più ridotte (rispetto a quelli lunghissimi in voga all’epoca), bandiere a doppia asta, cori secchi e potenti. Proprio loro anticiperanno quello che sarà lo stile del futuro, ma per il momento rappresentano solo una “spina nel fianco” che creerà una spaccatura mica da ridere in Curva Nord. A Milano, sponda nerazzurra, vedono la luce gli “Skins”, gruppo che in soli tre anni sarà protagonista di autentici macelli; mentre dalla parte rossonera viene fuori il “Gruppo Emergente” che in seguito cambierà nome in “Gruppo Brasato”, altri “gioiellini” niente male… A Bergamo sono già attivi da tempo i “Wild Kaos”, mentre a Firenze è l’epoca degli “Alcool Campi”, altro gruppo che avrà vita breve ma che riuscirà a lasciare un bel segno nella Fiesole… Bisogna tener presente anche un altro particolare: in quel periodo nelle curve è molto diffusa l’eroina (di stato?), che farà vittime anche fra i capi storici, elementi che in qualche maniera avevano tenuto in piedi la baracca fino ad allora. Queste “defezioni” unitamente alle spaccature in atto, porteranno ad una lenta disgregazione delle curve, di cui all’epoca ancora non si vedono gli effetti…
INIZIA L'EPOCA DELLA REPRESSIONE - Anche questo decennio, come il precedente, si chiuderà nel segno della tragedia: nell’ottobre 1988 Nazzareno Filippini, ultras dell’Ascoli, rimarrà ucciso al termine di Ascoli-Inter: della sua morte verranno accusati alcuni capi degli “Skins” nerazzurri. Il 4 giugno 1989 a San Siro prima di Milan-Roma, Antonio De Falchi viene aggredito da alcuni ultras milanisti facenti parte del “Gruppo Brasato”e morirà per arresto cardiaco (ma sulla vicenda non è mai stata fatta piena luce…); lo stesso giorno una bomba molotov lanciata d amembri dell’”Alcool Campi” contro il treno speciale che trasportava a Firenze gli ultras bolognesi provoca il grave ferimento di Ivan Dall’Oglio, appena 14enne. Tutto ciò non gioverà alla salute del movimento, anzi darà un contributo determinante alla militarizzazione degli stadi ed alle nuove leggi che il governo emanerà (come sempre!!!) sull’onda dell’emergenza e della spinta dell’opinione pubblica. Certo, non tutti se ne rendono conto subito, ma questo sarà solo il primo passo verso lo “stato di polizia” presente oggi negli stadi. Il Consiglio dei Ministri, prendendo spunto da una precedente sentenza del Tribunale di Rimini (che nel 1982 aveva condannato un ultras romagnolo a non seguire le partite del Rimini per un periodo di un anno, caso unico in Italia all’epoca), emana una direttiva secondo la quale ai tifosi arrestati o denunciati a piede libero per episodi di violenza da stadio viene applicato il divieto d’accesso a tutti i luoghi ove si svolgano manifestazioni sportive per un periodo di tempo variabile da un mese ad un anno, a seconda della gravità dei casi. Tale provvedimento potrà essere applicato a discrezione della Questura, e si tratta di un provvedimento amministrativo. Cosa significa? Significa che se da un lato ha lo stesso valore e la stessa rilevanza penale di una multa per divieto di sosta, dall’altro può essere applicato in assenza di prove e senza un processo. In parole povere un ultras può essere condannato a non seguire la propria squadra per un periodo di tempo, senza che abbia la possibilità di difendersi in un regolare processo, basandosi semplicemente sulle supposizioni e sulla discrezione del questore di turno! Molte volte gli stessi processi non si svolgeranno mai per decorrenza dei termini, e molto spesso vedranno l’assoluzione stessa degli imputati che nel frattempo hanno scontato un anno di diffida da innocenti!passeranno diversi anni prima che “l’inghippo” relativo alla diffida diventi materia di studio per avvocati, nel frattempo se ne vedranno le conseguenze nelle curve…
sabato 14 maggio 2022
un libro per il centenario
Un libro per i cento anni dell'U.S. Fiorenzuola.
Non è un libro di cifre e statistiche. Sarebbe stato troppo pesante per i lettori.
E' un romanzo sportivo che parte dalla fondazione ad opera di Erminio Casella nel lontano 1922 e arriva ai giorni nostri con i rossoneri del presidente Pinalli e di mister Tabbiani tornati nei professionisti.
Tanti gli aneddoti, le immagini, le storie raccontate che in pochi sanno, i tratti biografici e le gesta di numerosi uomini (o calciatori) che hanno segnato i momenti di una storia lunga 100 anni.
Un secolo di vita non è da tutti. La matricola è la stessa, la passione è quella di sempre.
Buon anniversario U.S. Fiorenzuola.
domenica 3 aprile 2022
40 PUNTI A 4 DALLA FINE…
E’ proprio così, 40 punti a 4 giornate dalla fine… nemmeno io, con i miei pronostici sempre molto ottimistici ed azzardati, spesso dettati più dalla passione verso i nostri colori che dal buon senso calcistico, non pensavo li avremmo raggiunti così in fretta, oltretutto con 12 punti ancora in palio.
E’ vero che Mercoledì non sarà facile con la Juve (ma nemmeno per loro lo sarà!), tantomeno domenica con il Sud Tirol (e li sarà davvero dura, perché comunque saremo a quota 3 partite in 9 giorni), ma con ancora negli occhi la suntuosa partita di ieri, credetemi, nulla è impossibile a questo fantastico Gruppo, guidato da un vero fuoriclasse Ligure!
Riavvolgiamo il nastro…
Stadio Mario Sandrini, ieri, ore 18:27, intervallo fra il primo ed il secondo tempo; sono in tribuna con i nostri, Currarino a fianco, appena sotto Guglie, Nelli e Fiorini, i “cattivi” di turno fuori per squalifica, sotto ancora il Pres ed il Vice Pres Daniele.
Il Curra, a commento di un primo tempo impeccabile, esce con una pillola di saggezza: “dovremmo segnare nei primi 5 minuti e aiutare Nandone a sbloccarsi”.
48esimo, punizione dal limite per noi; il capitano di giornata Luca Ferri fa sua la palla e la posiziona con cura, poco fuori dal vertice destro dell’area avversaria; ci aspettiamo tutti uno dei suoi terra-aria, rigorosamente in piedi e con il cuore in gola… parte la rincorsa e s’inventa una pennellata alla Bruschi davanti alla quale il povero Corvi non può che rassegnarsi, raccogliendo la palla nel sacco.
E’ un goal strepitoso!!!
Luca corre in panchina, prende la maglia numero 88 e dedica il goal ad uno degli ultimi arrivati: Fracassini, che in settimana, vittima di un grave infortunio, ha visto chiudersi la propria stagione anzitempo, ma che sicuramente avrà tutte le occasioni di questo mondo per rifarsi e proseguire la propria carriera alla grande; i Ragazzi in tribuna impazziscono di gioia, mi giro ed alle mie spalle papà Ferri, impietrito e con gli occhi lucidi, si compiace del figlio che nella propria carriera avrebbe sicuramente meritato palcoscenici molto più importanti di quelli frequentati, ma che comunque ha ancora tempo per togliersi grandi soddisfazioni professionali… soprattutto se si fermerà per qualche stagione ancora da noi!!!
Il Guglie non perde tempo a dire “ora s’incazzano e si farà dura”… verissimo, il Legnago riparte a testa bassa e ci preme, creando qualche pericolo nella nostra area… ma Batta non ce l’hanno tutti, quello è roba nostra e lo stipendio se lo guadagna sempre tutto, fino all’ultimo centesimo!
Quando prendiamo possesso della palla la facciamo girare che è un piacere… i meno giovani ricordano un certo Marco Sgrò con la maglia rossonera, play davanti alla difesa: ieri Ricky, come Filippo (tra l’altro sempre presente) ricordava stamattina nella chat dei tifosi, non lo ha fatto minimamente rimpiangere, anzi, ha dimostrato che potrebbe essere il suo futuro quella posizione.
Riconosciamolo, altra intuizione geniale del nostro fuoriclasse in panchina, che dopo essersi inventato Edo come mediano (ieri ha fatto impazzire il GPS contapassi che indossava) ha avuto quest’altra illuminazione.
Ma lo sappiamo, non siamo fatti per difenderci, la cagata prima o poi la facciamo quando ci premono forte… ed è bastata una distrazione sulla fascia sinistra (dove va riconosciuto che Di Marco ieri ha fatto registrare una delle sue migliori prestazioni stagionali), palla a centro area che Giacobbe non perde tempo a mettere alle spalle dell’incolpevole Batta.
Adesso si fa veramente dura? Nemmeno per sogno: la palla rimane cosa nostra, la facciamo girare da destra a sinistra con eleganza e precisione, quando premono ci difendiamo senza troppi affanni… e probabilmente il Legnago non tiene conto di un certo “piccoletto” di origini brasiliane sulla fascia sinistra, che dopo due numeri da cineteca nel primo tempo, il rigore procurato e finalizzato dal sontuoso Stronati, s’invola sulla fascia e l’appoggia facile a Nandone, solo dopo 8 minuti dal goal subito, per chiuderla definitivamente.
E’ l’apoteosi in campo e sulla fetta di spalti occupati dai nostri; è il completamento di un lavoro certosino fatto nelle ultime 2 settimane, ma iniziato a Luglio 2021, con un gruppo di ragazzi di cui la maggior parte la C l’aveva vista solo in TV… e che ora stanno dimostrando di meritarsela tutta e tutti alla grande!
Negli ultimi 15 minuti è la solita girandola di sostituzioni, si da spazio ad Arro, Potop e Zunno, che tanto per cambiare ci dimostrano che il Fiorenzuola chiude una partita fondamentale in terra Veneta con 6 under in campo.
E Nico? Nico è entrato un po’ prima a dare fiato ad un esausto Giani, giusto il tempo per un paio di giocate delle sue e per una punizione che nemmeno Corvi sa ora come sia riuscito a tirare fuori dal sette!
E stamattina hs. 11:00 tutti sul campo 2 perché Mercoledì ci attende un altro capitolo della nostra storia Rossonera.
A proposito di storia… abbiamo già dimenticato il 20 di Marzo? Stadio Garilli, Piacenza?
No assolutamente, si sta ancora godendo alla grande: abbiamo goduto per due intere settimane, a partire dal lunedì sera con la trasmissione di Telelibertà, a rappresentarci il nostro Presidente, con il Sig. Gentilotti pronto a rimarcare che “questo Fiorenzuola non è così bello come mi aspettavo…”; è vero, al Garilli non siamo stati bellissimi, ma i 3 punti in tasca ci hanno fatto veramente molto comodo (e quei 3 punti ci stanno facendo ancora godere veramente tanto!). Ma che non si parli di derby: per Piacenza il derby è con la Cremonese (e purtroppo passerà qualche anno prima che possa riproporsi) e con la Reggiana; per noi l’unico derby era con la Fortitudo Fidenza, quella con la maglia bianco e nera… ed anche per questo passerà qualche anno prima che possa rigiocarsi.
Ma godiamoci la bella vittoria di ieri, condita da una prestazione super (riconosciuta molto sportivamente anche da Mr. Colella) e prepariamoci per Mercoledì, dove la nostra Banda di Ragazzini terribili potrebbe veramente scrivere una fetta di storia indelebile, proprio nell’anno del Centenario della nostra Gloriosa Società.
FORZA FIORE, SEMPRE!
Ivan M.
LEGNAGO-FIORENZUOLA 1-3
LEGNAGO: Corvi, Ricciardi, Yabre, Rolim (dal 58' Lollo), Sgarbi (dal 58' Antonelli), Stefanelli, Contini, Pitzalis (dal 72' Bruno), Giacobbe, Buric (dal 58' Alberti), Gasparetto. (Enzo, Rossini, Antonelli, Pellizzari, Bondioli, Alberti, Meneghetti, Bruno, Salci, Zanetti, Lollo, Maggioni). All.: Colella
FIORENZUOLA (4-3-3): Battaiola; Danovaro (dal 90' Potop), Ferri, Cavalli, Dimarco; Piccinini, Stronati, Oneto; Giani (Dal 63' Bruschi), Mastroianni (dal 77' Arrondini), Sartore (dal 77' Zunno). (Burigana, Potop, Ghisolfi, Zunno, Bruschi, Gerace, Arrondini, Mamona, Varoli) All. Tabbiani.
Arbitro: Di Francesco di Ostia
Marcatori: al 28' Stronati su rigore (F); al 48' Ferri (F); al 66' Giacobbe (L); al 74' Mastroianni (F)
Note: espulso al 93' Gasparetto
domenica 27 giugno 2021
Sasso Marconi 12 giugno 2021
Una data storica di un sabato di pallone atteso per ben vent'anni. Il ritorno dell'US FIORENZUOLA in serie C "sbocciato" in terra bolognese all'ultima di campionato.
C come cuore grande, il cuore del Fiore di mister Tabbiani. C come cammino. C come coesione e carattere. C come capitano unico, Ettore Guglieri. C come carovana di tifosi rossoneri in marcia verso i colli bolognesi. C come capocannoniere: Nicolò Bruschi e le sue trenta "assurde" marcature. C come cento anni, gli anni di vita dell'Unione Sportiva che si festeggeranno da professionisti nel 2022. C come campioni, i nostri ragazzi, indimenticabili. C come "C siamo!" ..finalmente.
Le immagini del trionfo rossonero di Libertà e SportPiacenza
sabato 26 giugno 2021
"Un pochino di olio in più nella minestra..."
sabato 19 giugno 2021
Dopo vent'anni torna la magica lettera "C" ...serie C!
E il grande sogno alla fine è diventato realtà. Torniamo in serie C dopo vent'anni. Sembra un eternità per molti di quelli che erano a Trento quando il Fiorenzuola allenato da Massimo Ficcadenti salutava la serie C dopo 12 anni di professionismo, contro i gialloblu di un giovanissimo Luca Tabbiani. Da oggi non si sentirà più dire in paese: "quanto avrei voluto esserci in quegli anni...". "Io non c'ero, ne ho sentito tanto parlare ma purtroppo io non c'ero", quando la gente alla domenica accorreva al Comunale e accalcava i cancelli e al lunedi i titoli della Gazzetta dello Sport erano tutti dedicati ai successi dei rossoneri.
E tutto d'un tratto la serie C è tornata. Una suggestione diventata meravigliosa realtà sabato 19 giugno. Una data diventata storia. Nel mese più caldo. Il mese che decretava promosse e bocciate proprio negli anni d'oro del Fiorenzuola di Villa e Bricchi. Un emozione indescrivibile iniziata nel momento più difficile, la pandemia, e culminata in un finale di stagione incredibile. Avevamo cominciato a crederci dopo il lampo allo scadere dell'airone Arrondini contro Rimini. Poi la sorte ha di nuovo voltato le spalle spedendo in via Campo Sportivo 1 il maledetto Covid. Siamo ripartiti stringendo i denti ma con serenità; contro chi alla fine esultava per averci fermato gridando "premio! premio!". Siamo subito tornati in carreggiata schiantato il pericolante Progresso sul velluto del Comunale. A Correggio la squadra è scesa dal piedistallo. Avanti 4 a 2 ci siamo fatti rimontare stanchi e indolenziti. Sul sintetico di Sorbolo siamo tornati ad esultare e a sperare per poi impazzire di gioia nel mercoledì contro il Mezzolara, alla rete di Oneto ma soprattutto alla notizia del successo del Prato sulla rivale Aglianese che vale il sorpasso in testa alla classifica.
Tanti meriti da riconoscere a Luca Tabbiani e al suo staff. Il tecnico di Oregina anche nel momento di maggiore sconforto ha continuato a parlare ai suoi e ai media di "giustizia sportiva". "Sono sicuro che alla fine saremo noi a vincere, meritiamo la C più di chiunque altro". Il ritornello ci ha accompagnato dal mese di maggio ad oggi. Alla fine il mister ha avuto ragione. Un Fiorenzuola così bello nel gioco, nella finalizzazione a rete (record con 76 centri) e così coeso non poteva farsi scappare questa occasione. Un opera d'arte abbozzata nell'estate del 2019, quando Di Battista riesce a sfilare Tabbiani già promesso alla società Genova Calcio campionato di Eccellenza Ligure. Maniacale, quasi logorroico con i ragazzi e i dirigenti, ma estremamente preparato e umano, Tabbiani è riuscito nell'intento di costruire da noi qualcosa di veramente unico. Bravo il diesse reggiano Marco Bernardi a trovare i ragazzi giusti da affidargli. Hanno ascoltato, accettato rimproveri, lottato contro infortuni, stanchezza e situazioni avverse. Hanno stretto i denti e corso di più di tutti fino all'ultimo secondo dell'ultimo impegno. Ci hanno fatto emozionare quando tutti gli altri ancora una volta non ci prendevano sul serio e loro continuavano a scalare la classifica vittoria dopo vittoria. Quante volte ci siamo sentiti dire "ma tanto non vogliono andare su", adesso che è successo non riusciamo ancora a convincerci di quanto accaduto.
Un gruppo giovane come è sempre piaciuto ai dirigenti rossoneri con in testa un capitano unico. Ettore Guglieri 7 campionati, 203 presenze in Val d'Arda, un uomo, non più un ragazzo che si è cucito i colori rossoneri addosso. Nell'anno di un italo-americano in rosa Sal Esposito, ma soprattutto dell'attaccante non da venti ma da trenta gol, Nicolò Bruschi, non potevamo farci scappare questa occasione.Non chiedeteci di rammentare i quadretti più significativi di questo capolavoro rossonero. Dal rigore parato da Battaiola a Forlì, alla festa di compleanno del Tm Luca Baldrighi, al 5 a 1 dell'andata sulla forte Aglianese, ai quei cartellini gialli in odore di diffida portati addosso dall'esperto in promozioni Luca Ferri per tutto il finale di stagione; alle preziose dirette You Tube di Andrea Fanzini, Brad Hathaway alle inquadrature e Paolo Bertoncini, alle presentazioni di Potop e Michelotto, rinforzi invernali decisivi, alla mezza giornata passata negli spogliatoi dopo Correggio a colloquio con Tabbiani e il presidente Pinalli, quasi come un papà nei momenti difficili.
Sasso Marconi l'ultimo atto. Il drone rossonero vola alto a perlustrare l'area. La visuale dalla tribuna coperta ai primi spettatori giunti al Carbonchi offre messaggi eloquenti. Sullo sfondo le colline arse dal sole d'estate. Sul terreno di gioco l'andamento distorto della linea di metà campo quasi ad avverti che anche l'ultima fatica prima del grande traguardo non sarebbe stata una scampagnata contro i gialloblu bolognesi.
Il ventinovesimo gol di Bruschi (mai nessuno come lui nella storia dei marcatori rossoneri) ha disteso gli animi degli oltre duecentocinquanta sostenitori rossoneri al seguito e degli ottocento della diretta live sul web. "C'è solo un presidente! Un presidente..!" cori sulle tribune rossonere anche per Luigi Pinalli presidente in carica dall'estate del 2002 (19 anni di presidenza). Cori per tutti. La vittoria del gruppo. Di un grande gruppo indimenticabile.
La serie C è tornata nell'anno più particolare. Ma si sà, a Fiorenzuola funziona così. Il regalo più grande degli imprenditori fiorenzuolani Pinalli, Pighi e Baldrighi per i cento anni di questa grande passione. Ora che l'impegno diventa più gravoso, la sfida diventa ancora più avvincente, con un progetto importante al centro e un salto di categoria che potrebbe aprire opportunità a tutto il nostro territorio.
SERIE C! SERIE C! ...GRAZIE US FIORENZUOLA CALCIO!