giovedì 25 ottobre 2012

La Pecora Nera, Basaglia e l'Ospedale dei Matti

LUCA FRANCHI quando torni ?
E’ dura. E’ veramente molto dura.. dopo il pari casalingo ottenuto contro la Folgore Bagno si va a Colorno per la prima trasferta dell’anno in terra parmigiana a caccia di punti per muovere la classifica. Il tutto in tempi di quasi certa rifondazione del Ducato di Parma e Piacenza. Tra fantasticherie varie: la nuova provincia Verdiana o dell'Emilia Occidentale. Colorno è nella bassa, a un tiro di schioppo dalla città di Parma. Colorno e il suo “ospedale dei matti”. Quante volte abbiamo sentito menzionare l’uspedal di mat ..Nel tempo che è stato, quanti rimandi fiorenzuolani alla struttura colornese. Quando tempo fa si interdiva. Si internava. Così che in queste strutture, gli ospedali psichiatrici o manicomi si mescolavano persone che ne aveva veramente bisogno a persone sane di mente fatte volutamente interdire. Poi arrivò Basaglia. Niente più elettroshock, mala sanità e camice di forza. Cancelli aperti e più umanità per i pazienti. Fu solo l’inizio. Poi con la Legge 180, la svolta. Rimando ad alcune opere di Ascanio Celestini per approfondire l'argomento, per esempio l'opera: "La pecora nera". Perchè Colorno è luogo emblematico. Tappa cruciale di un pezzo di storia d'Italia.
L’avversario di domenica, l’A.C.D. Colorno 1951 ha fatto il pieno di punti sul difficile campo della matricola Sampolese. In gol Silvestri (doppietta) e Caraffini.
Tre di loro erano con noi il 4 maggio 2008 a Casalmaggiore. Indossavano la casacca azzurra della Casalese. Sono il difensore Demicheli e i centrocampisti Tagliavini e Scaravonati. Sembra proprio il reparto di centrocampo la forza della squadra gialloverde con la presenza di elementi del calibro di Malpeli ex Reggiana, nostro avversario ai tempi di Brescello e Sassuolo in serie C e il veterano trentaseienne Alberto Fiorasi. In attacco, è tornato Silvestri, mica il cantante Daniele. Simone, punta di peso, reduce dalle esperienze di Busseto e Scandiano. Assieme a lui, c'è il cornigliese ex professionista Cavalli, l’anno scorso nostro avversario nelle file del Voghera. Da segnalare la presenza del nostro ex Nicola Bovi, classe 1992 ultimo colpo del mercato dei parmensi. Alberto Mantelli ritroverà da avversario l’ex compagno di squadra Libassi ai tempi di Crevalcore, oggi alla guida dei ducali.
Nella passata stagione il Colorno ha fatto benissimo. Classificandosi al secondo posto, appena dietro al Formigine. I gialloverdi hanno disputato il primo turno dei play-off promozione, eliminati dagli abruzzesi del Sulmona. Quest’anno, persi i gol dei bomber Roncarati e Montali, perso il faro di centrocampo Greci, sono arrivati altri buoni elementi e dopo il rodaggio di inizio stagione ora stanno arrivando i punti (8 in tutto, quanti i nostri).
Colorno conta quasi 10.000 abitanti con il suo bel Palazzo Ducale con annesso giardino. Gli anni d’oro del calcio gialloverde vanno dal 1984-85, anno della storico salto dal campionato di Promozione all’Interregionale. Il club rimane in serie D per sei stagioni filate dal 1985-86 al 1990-91. Erano gli anni di Leonardo e Danilo Pioli fratelli del celebre Stefano ex Juventus e Fiorenzuola da calciatore e attuale tecnico del Bologna in serie A. Erano gli anni dei vari: Stefano Pompini, Bozzetti, Costantini, Vittorio Guerra i bomber che con i loro gol contribuivano pesantemente alla permanenza in categoria della piccola realtà parmense. Guerra fu capocannoniere del girone F  stagione 1988-89 con i suoi 17 acuti. In quell'anno fu conseguito il miglior piazzamento di tutti i tempi: 9° posto. Curiosoanche  il fatto che alcune bandiere Rossonere come Franco Santi e Paolo Guarnieri lasciata Fiorenzuola si accasarono proprio al Colorno. Colorno-Fiorenzuola era un derby nell’Interregionale degli anni ‘80. L’ultimo, risale alla stagione 1987-88 girone E tosco-emiliano, disputato sotto un acquazzone biblico. Alla guida del Fiorenzuola c’era il pavese Gianpaolo Chierico (oggi alla guida dell'Oltrepo). In avanti un duo d’eccezione composto da Pircher ed Ascagni. Il primo con trascorsi in serie A nelle file dell’Atalanta e dell’Ascoli. Il secondo un ingestibile George Best della serie C italiana  anni 70-80 dai piedi sopraffini e la testa matta giunto al capolinea di carriera. Campo allagato quella domenica a Colorno. Finì a reti inviolate con i Rossoneri in inferiorità numerica per l’espulsione del giovane Vittorio Bazzarini attuale tecnico del Crociati Noceto. Titoli e tabellini di allora del quotidiano Libertà. COLORNO-FIORENZUOLA 0-0. Colorno: Mistrali, Goffredi, Zambrelli, Lodrizzini (65’ Brignoli), Pioli L., Pioli D. (77’ Cerri), Corso, Morini, Loschi, Bozzetti, Appio. All. Guerreschi. FIORENZUOLA: Turchi, Fusi, Volpi, Crippa, Ravasi, Querin, Paganelli, Torresani, Pircher (83’ Ambroggi), Bazzarini, Ascagni (89’ Benedetti). All. Chierico. Arbitro: Baudo di Torino. Note: pioggia per tutta la durata dell’incontro. Terreno allentato con larga pozzanghera nella zona centrale del campo. Spettatori 600 circa. Ammoniti: Zambelli, Ravasi e Paganelli per gioco scorretto; Pioli L. per proteste. Espulso: Bazzarini al 68’ per fallo di reazione. Angoli: 5 a 1 per il Fiorenzuola (p.t. 3-1). I titoli: “Tra Colorno e Fiorenzuola vince la pioggia, il maltempo ed il terreno pesante padroni del derby”. Si legge nell’articolo: “ Derby acquatico, degno di una partita di pallanuoto.. alla fine, dopo aver assistito più a numeri d’acrobazia ed a scivolate improvvise, a fregarsi le mani è stato solo il cassiere del Colorno che pensiamo abbia realizzato l’en plein poiché l’angusta tribunetta e i dintorni erano più che stipati.”
Si torna ai giorni d’oggi. In Coppa Italia, con la vittoria di mercoledi nel derby di Fidenza, Piva e C. hanno conquistato l'accesso alla semifinale regionale. Fidentina-Fiorenzuola 3-2 con le reti rossonere di Cerati, Gianluppi e Cozzi. In campionato, dopo il pareggio in rimonta contro la Folgore Bagno, mister Mantelli spera nel recupero di alcuni ragazzi. Potrebbe tornare a disposizione il jolly difensivo Fogliazza mentre Barba andrà di nuovo in tribuna per scontare il turno di squalifica rimediato nel match di domenica scorsa. In attacco, rientra Franchi? Sempre punto interrogativo. I gol di Luca mancano troppo a questo Fiorenzuola. Un Fiorenzuola con un età media giovanissima e tanti fattori sfavorevoli che influiscono non di poco. Come il campo di allenamento che non c’è. In sette gare disputate, otto punti conquistati dai Rossoneri frutto di due vittorie contro Bibbiano e Real Panaro e due pareggi. La sensazione, dopo questo primo scorcio di campionato, è che con quello che abbiamo a disposizione ora, ci attende un campionato di media classifica. Stare vicini ai ragazzi.. Raggiungere la salvezza il prima possibile e poi chissà.
blogfiorenzuola1922@gmail.com

AMARCORD 1987: Colorno-FIORENZUOLA 0-0


Franco Basaglia (Venezia, 11 marzo 1924 – 29 agosto 1980) fu uno psichiatra e neurologo italiano, professore, fondatore della concezione moderna della salute mentale, riformatore della disciplina psichiatrica in Italia e ispiratore della cosiddetta Legge 180, anche nota infatti come "Legge Basaglia", che introdusse un'importante revisione ordinamentale degli ospedali psichiatrici in Italia e promosse notevoli trasformazioni nei trattamenti sul territorio.
Secondo di tre figli, trascorre un'adolescenza tranquilla e agiata. Dopo aver conseguito la maturità classica nel 1943 si iscrive alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Padova, dove nel 1949 consegue la laurea. In questo periodo si dedica ai classici dell'esistenzialismo: Sartre, Maurice Merleau-Ponty, Husserl e Heidegger.
Nel 1953 si specializza in Malattie nervose e mentali presso la clinica neuropsichiatrica di Padova. Lo stesso anno sposa Franca Ongaro, che gli darà due figli, sarà coautrice col marito di alcune opere sulla psichiatria ed entrerà in Parlamento per Sinistra Indipendente. Nel 1958 Basaglia ottiene la libera docenza in psichiatria. Per le sue idee innovative e rivoluzionarie non viene bene accolto in ambito accademico, cosicché nel 1961 decide di rinunciare alla carriera universitaria e di trasferirsi a Gorizia per dirigere l'ospedale psichiatrico della città. Si tratta di un esilio professionale dovuto soprattutto alle scelte politiche e scientifiche. L'impatto con la realtà del manicomio è durissimo. Teoricamente si avvicina alle correnti psichiatriche di ispirazione fenomenologica ed esistenziale (Karl Jaspers, Eugéne Minkowski, Ludwig Binswanger), ma anche a Michel Foucault e Erving Goffman per la critica all'istituzione psichiatrica.
A Gorizia, dopo alcuni soggiorni all'estero (fra cui la visita alla comunità terapeutica di Maxwell Jones), avvia nel 1962, insieme ad Antonio Slavich, la prima esperienza anti-istituzionale nell'ambito della cura dei malati di mente. In particolare, egli tenta di trasferire il modello della comunità terapeutica all'interno dell'ospedale e inizia una vera e propria rivoluzione. Si eliminano tutti i tipi di contenzione fisica e le terapie elettroconvulsivanti (elettroshock), vengono aperti i cancelli dei reparti. Non più solo terapie farmacologiche, ma anche rapporti umani rinnovati con il personale. I pazienti devono essere trattati come uomini, persone in crisi. Fu l'inizio di una riflessione sociopolitica sulla trasformazione dell'ospedale psichiatrico e di ulteriori esperienze di rinnovamento nel trattamento della follia, alternative anche alla esperienza di Gorizia.
Nel 1967 cura il volume Che cos'è la psichiatria?. Nel 1968 pubblica L'istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico, dove racconta al grande pubblico l'esperienza dell'ospedale psichiatrico di Gorizia. Quest'ultima si rivela un'opera di grande successo editoriale.
Nel 1969 lascia Gorizia e, dopo due anni a Parma dove dirige l'ospedale di Colorno, nell'agosto del 1971 diviene direttore del manicomio di Trieste. Basaglia istituisce subito, all'interno dell'ospedale psichiatrico, laboratori di pittura e di teatro. Nasce anche una cooperativa di lavoro per i pazienti, che così cominciano a svolgere lavori riconosciuti e retribuiti. Ma ormai sente il bisogno di andare oltre la trasformazione della vita all'interno dell'ospedale psichiatrico: il manicomio per lui va chiuso ed al suo posto va costruita una rete di servizi esterni, per provvedere all'assistenza delle persone affette da disturbi mentali. La psichiatria, che non ha compreso i sintomi della malattia mentale, deve cessare di giocare un ruolo nel processo di esclusione del "malato mentale", voluto da un sistema ideologico convinto di poter negare e annullare le proprie contraddizioni, allontanandole da sé ed emarginandole. Nel 1973 Trieste viene designata "zona pilota" per l'Italia nella ricerca dell'OMS sui servizi di salute mentale. Nello stesso anno Basaglia fonda il movimento Psichiatria Democratica, favorendo la diffusione in Italia dell'antipsichiatria, una corrente di pensiero sorta in Inghilterra nel quadro della contestazione e dei fermenti rivoluzionari del 1968 ad opera principalmente di David Cooper.
Nel gennaio 1977 viene annunciata la chiusura del manicomio "San Giovanni" di Trieste entro l'anno. L'anno successivo, il 13 maggio 1978, in Parlamento viene approvata la legge 180 di riforma psichiatrica. Nel 1979 Basaglia parte per il Brasile, dove, attraverso una serie di seminari raccolti successivamente nel volume Conferenze brasiliane, testimonia la propria esperienza. Nel novembre del 1979 lascia la direzione di Trieste e si trasferisce a Roma, dove assume l'incarico di coordinatore dei servizi psichiatrici della Regione Lazio.
Nella primavera del 1980 si manifestano i primi sintomi di un tumore al cervello, che in pochi mesi lo porterà alla morte, avvenuta il 29 agosto 1980 nella sua casa di Venezia. A distanza di 30 anni, benché sia stata più volte oggetto di discussione e di tentativi di revisione, la legge 180 è ancora la legge quadro che regola l'assistenza psichiatrica in Italia.
il film: C'ERAUN VOLTA
 LA CITTA' DEI MATTI
Nel 1970 la nomina di Basaglia a direttore dell’Ospedale di Colorno. Lo psichiatra rimase a dirigere il manicomio fino al 1971. La sua presenza portò ad un processo di graduale riorganizzazione dell’ospedale secondo i principi della psichiatria comunitaria, una disciplina sviluppatasi fin dagli anni quaranta nei paesi anglosassoni nel tentativo di creare nuove modalità di approccio alla malattia mentale mettendo il paziente, e non la sua malattia, al centro dei processi riabilitativi. Nell’ottobre del 1970 Basaglia scriveva: “Il nuovo atteggiamento che il pubblico acquisterà nel tempo verso l’Ospedale psichiatrico riabilitato permetterà di proseguire l’opera di decentramento di nuove piccole strutture psichiatriche che saranno vissute come luogo di cura e non come luogo di invio e deposito di persone emarginate”.

Dal 1970 cominciò una massiccia opera di dimissioni dall’Ospedale Psichiatrico, di malati che venivano inseriti nel mondo del lavoro. Gli ex internati vennero gradualmente inglobati in una società che, fino a poco tempo prima, ne aveva ignorato l’esistenza. Furono allestiti 250 appartamenti per i dimessi e l’amministrazione provinciale li sostenne con sussidi mensili. Anche altre persone, tra cui alcuni industriali vennero coinvolti economicamente. L’esperienza di Colorno fu la dimostrazione che per la diagnosi e la terapia di una malattia mentale è necessario spingersi oltre e cercare la persona nel malato. Si dimostrò poi che la malattia è parte del territorio e che per essere curata non deve essere strappata dal suo ambiente ma curata al suo interno.
Il 13 maggio 1978 veniva emanata la Legge 180 “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori” alla quale Basaglia come promotore ha dato il nome (Legge Basaglia). Fu il provvedimento quadro che impose la chiusura dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici. Si trattò di una vera e propria rivoluzione culturale e medica, basata sulle nuove concezioni psichiatriche, promosse e sperimentate in Italia da Franco Basaglia. Prima di allora i manicomi erano poco più che luoghi di contenimento fisico, dove si applicava ogni metodo di contenzione e pesanti terapie farmacologiche e invasive, o la terapia elettroconvulsivante. Le intenzioni della Legge 180 erano invece quelle di ridurre le terapie farmacologiche ed il contenimento fisico, instaurando rapporti umani rinnovati con il personale e la società, riconoscendo appieno i diritti e la necessità di una vita di qualità dei pazienti, seguiti e curati da ambulatori territoriali.

“L’ex ospedale psichiatrico di Colorno inizia la sua vita nell’anno 1873, quando, in seguito ad un’epidemia di colera, l’Amministrazione decise di trasferire gli ammalati nei locali dell’ex palazzo ducale e dell’ex convento di San Domenico. Avrebbe dovuto essere una soluzione temporanea, ma divenne invece definitiva fino alla sua chiusura.
Gli ospiti della struttura erano in parte malati psichiatrici, ma anche prostitute, alcoolisti, vagabondi, malati di Alzheimer e anche i cosiddetti “scemi di guerra”, quei soldati che in seguito alle atrocità belliche riportarono danni psicologici.
Alcuni entravano nell’ospedale da bambini, per restarci fino alla morte. Qui non c’erano diritti, c’era solo un muro che isolava il malato dal resto del mondo. Nessuna corrispondenza entrava ed usciva, non esisteva più alcuna famiglia, alcun lavoro, alcun rapporto col mondo esterno.
Gli infermieri venivano assunti non in base alla loro professionalità, ma in base alla loro prestanza fisica, in quanto l’uso delle camicie di forza e dell’elettroshock erano gli strumenti di cura più usati per queste persone che non erano nemmeno più considerate tali.
Queste condizioni portarono, nell’anno 1969, un gruppo di universitari ad occupare per ben 35 giorni l’ospedale psichiatrico. L’Italia così fu finalmente informata delle condizioni dello stesso, fino a trovare in Basaglia il sostenitore di nuovi mezzi di cura più adatti a rispettare la dignità e la libertà dei degenti. Nel 1978 il noto psichiatra diede il via alla riforma che impose la chiusura dei manicomi
Arrivando da Parma si attraversano paesini con Castelli, Chiese ed Abbazie, che si notano per il loro ordine, la loro magnificenza. Finché non si arriva all’ex Ospedale psichiatrico di Colorno, un’ edificio quasi nascosto nel paese, per isolare la parte “malata” da quella “sana”, quasi a non voler inquinare con immagini di persone disturbate la tranquillità degli altri, i cosiddetti “normali”.
Entrando, si nota la presenza discreta di alcuni ospiti di quelle ale ancora funzionanti… lo sguardo schivo ma estremamente presente, la testa bassa, quasi a vergognarsi del loro stato, il passo svelto, per non disturbare eventuali visitatori.
All’ingresso un portone fatiscente, legato da una lunga catena chiusa da un lucchetto. Di fianco una baracca costruita da quegli ammalati ancora presenti, che cercano nei gatti un affetto che forse non hanno mai trovato nella loro vita. I gatti non fanno distinzione tra ammalati e sani, fanno le fusa a chiunque e corrono loro incontro quando si sentono chiamati per nome: Charlie, Minou, Charlotte… Ogni gatto ha un nome, ogni gatto si distingue dall’altro, non sono semplicemente animali…
Entrando, l’odore di urina animale e forse umana colpisce le narici e lo stomaco, ma gli occhi vogliono vedere. Si percepisce forte un’energia di dolore, un’energia che quasi ti schiaccia. Le mura sono intrise di questa energia. I pavimenti coperti di vetri rotti, escrementi animali ed umani.
E’ enorme questo posto, all’ingresso una vetrata colorata fa passare i raggi del sole, l’unica vetrata senza sbarre, l’unica…
Qui si può camminare per ore sentendosi isolati dal resto nel mondo, gli occhi sempre più spalancati, incontrando nei lunghi corridoi sedie a rotelle e deambulatori, il puntale di un albero di Natale appoggiato al davanzale di una finestra, una piccola carrozzina da neonato, un lettino con le sbarre di legno.
Oggetti di vita comune in un luogo dove la vita si è fermata.
Ma i luoghi più densi di angoscia sono le camere, piccole camere con sbarre alle finestre, chiuse da inquietanti porte rosse, dotate di una finestrella trasparente, che forse serviva a vedere se i pazienti erano ancora vivi… Le pareti in alcuni punti sono state bucate e dai buchi fuoriesce una sostanza lanosa, filamentosa, con la quale venivano insonorizzate per non far sentire le urla o le richieste di aiuto.
In questo posto il tempo pare essersi fermato a tanti anni fa, quando ancora era popolato, quando ancora la libertà era un miraggio. Indumenti nuovi fuoriescono dagli armadi, vecchie mantelle ordinate in mezzo al corridoio e documenti ovunque, con quei nomi che verrebbe voglia di carezzare per regalare loro almeno ora quel calore che non hanno mai avuto, quell’identità perduta nell’oblio.”
di Eva Rebecchi
fonte: http://idpmelegnano.it/?p=164



«Il manicomio è un condominio di santi. So’ santi i poveri matti asini sotto le lenzuola cinesi, sudari di fabbricazione industriale, santa la suora che accanto alla lucetta sul comodino suo si illumina come un ex-voto. E il dottore è il più santo di tutti, è il capo dei santi, è Gesucristo». Così ci racconta Nicola i suoi 35 anni di «manicomio elettrico», e nella sua testa scompaginata realtà e fantasia si scontrano producendo imprevedibili illuminazioni. Nicola è nato negli anni Sessanta, «i favolosi anni Sessanta», e il mondo che lui vede dentro l’istituto non è poi così diverso da quello che sta correndo là fuori – un mondo sempre più vorace, dove l’unica cosa che sembra non potersi consumare è la paura.

«Non si sa se ridere o piangere, ma non importa niente. In questa compresenza assoluta di comico e di tragico si ritrova incarnata la grande modalità tragica moderna».
Edoardo Sanguineti
Ascanio Celestini si mette dietro la macchina da presa per raccontare le vite di coloro che hanno conosciuto l’esperienza nel manicomio.
Memorie e storie di chi ha vissuto in manicomio, un viaggio tra la più fervida immaginazione e la concretezza abominevole di paure insormontabili.
fonte: http://www.ascaniocelestini.it/la-pecora-nera-dvd/
La pecora nera è un film del 2010 scritto, diretto ed interpretato da Ascanio Celestini, tratto dal suo libro omonimo, con Giorgio Tirabassi e Maya Sansa.






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