domenica 27 dicembre 2020

"Figurine, piedi sporchi e ancora i compiti da fare", i campetti di paese

Tutti abbiamo tirato un calcio ad un pallone e a chi ha più di trentacinque anni non sfuggirà il fatto di non vedere più giovani giocare in città.
Come è cambiata Fiorenzuola. Di aree verdi destinate al gioco della palla non vi è più traccia. Non sono oggi più necessarie. Non si vuole certo fare della polemica in quanto l'argomento mette sotto la lente una constatazione che riguarda non solo il nostro caro paese. Cambiano i giovani, cambiano le generazioni, cambia il modo di vivere e le città vanno di pari passo. E allora spazio ai parcheggi, alle aree per lo sgambamento dei nostri carri doggy e alle aree per il gioco del cricket dei nostri compaesani originari dello Sri Lanka. 

"Figurine, piedi sporchi e ancora i compiti da fare.." è un verso della canzone "Dark Bologna" scritta da un Lucio Dalla che come noi è stato bambino e adolescente cresciuto a pane marmellata e pallone. Quante volte ci siamo sentiti dire: non giocare a calcio in cortile, non tirare il pallone contro la saracinesca del vicino. Per dare sollievo a famiglie e rapporti di vicinato esistevano i campi, o meglio: i campetti che si trasformavano nei pomeriggi in vere e proprie arene.
Il continuo calpestio permetteva di avere l'erba sempre bassa. Bastava la prima falciata di primavera e il resto lo eseguivano i giovani del paese, con le spese per il verde drasticamente ridotte nei bilanci comunali.
Il capoluogo della Val d'Arda pullulava di questi fazzoletti verdi a cui sono ancora oggi legati tanti ricordi di infanzia e gioventù. C'è chi racconta di essere cresciuto rincorrendo un tango al campetto delle suore a lato della trafficata via Silvio Pellico. Chi si è divertito come un matto al Capra, nome che probabilmente prende spunto dalla storica pasticceria. Mentre Stefano Pompini e Giovanni Rossi facevano sognare a suon di gol i giovani fiorenzuolani alla domenica al Comunale al pomeriggio dopo i compiti ci si dava dentro in sfide interminabili da fare venire scuro. C'è chi imitava Weah del Milan o Vialli, io al contrario mi immaginavo come Daniel Terrera rampante difensore centrale arrivato al Fiorenzuola dalla Primavera della Juventus campione d'Italia. La palla incastrata sotto la canna o il sellino della bicicletta comprata da Tosi o Amos e via. Nell'intervallo, una bibita più cicca alla fragola acquistata da Romeo all'alimentare, o al Sidis. Quanto erano cari i nostri rettangoli verdi fuori squadro dove stendere i giubbotti e gli zaini della scuola o se si era fortunati ripiegare sull'avanzo di una recinzione in disuso per mettere il proprio amico portiere fra pali veri. Ho ricordi bellissimi. A Pasqua per esempio si allestiva "il torneo pasqualino" con tanto di premiazione con medaglie e coppe commissionate al Premio Sport di Redento. C'era anche il ridottissimo San Rocco dotato di porte più grandi del fondo di gioco. La centralissima gettata di cemento della canonica era preziosa valvola di sfogo prima o dopo il catechismo, anche se le ginocchia si sbucciavamo come ridere. Si usavamo due ostacoli arrugginiti portati via alla pista di atletica "del due" per fare le porte difese da un libero obbligato a schermare non oltre i tre metri dal pertugio. E poi i campi attrezzati: il Bergamaschi poco distante dai sabbioni dell'Arda, in zona piscina preso in prestito d'estate allo Sporting Fiorenzuola e spelacchiato per gran parte dell'anno. Non esiste più da anni. Il Napoli chiamato così dal nomignolo anni Novanta del quartiere Molinetto degli alti palazzi. Il Villa, quello con le sembianze più marcate da campo di calcio vero, proporzionato e recintato, passato poi al rugby e in anni recenti alla Fulgor Fiorenzuola. Ho ritrovato in garage il vecchio pallone di cuoio e un Tutto Città. Ho osservato la cartina di Fiorenzuola e mi è scesa una lacrima. 
E tu con gli amici dove giocavi?

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