martedì 26 giugno 2012

I PIANETI DELLA FORTUNA

Sicuramente sono ancora impressi nella memoria dei nostri nonni. Quei foglietti colorati che circolavano tanti anni fa per le vie del paese. Nati e stampati a Fiorenzuola d’Arda a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, dalle tipografie Pennaroli e Marchi-Pellacani, restano oggi una grande testimonianza della tradizione folcloristica locale, della poesia ottocentesca, delle ballate popolari di allora.
Girovaghi, accattoni, picari, viandanti, cantastorie, zingari e nomadi vendevano questi foglietti volanti in cambio di una moneta, dando a chi li comprava la speranza di un futuro migliore, tentando la fortuna con vincita sicura, in tempi veramente difficili.
Sul foglietto oltre a tre numeri, il terno secco da giocare al Lotto, vi era una filastrocca profetica e una bella e curata immagine a volte accompagnata da disegni di: corna, ferri di cavallo, carte da gioco, ragni, stelle e quadrifogli. In quelli più recenti, del dopoguerra, vi era pure la colonna del totocalcio.
L’ispirazione e la traccia del messaggio da accompagnare ai numeri da giocare erano forniti alla bottega della Tipografia dai cantastorie di passaggio che sostavano a Fiorenzuola nel loro girovagare per l’Italia.
Nati dall’estrosa intuizione del fiorenzuolano Giuseppe Pennaroli, si diffusero in tutta Italia. I cosiddetti Pianetini donatori di pronostici e presagi erano quindici in tutto, fra i più noti: l’Astrologo, la profetessa Sibilla e il Giovanotto.
ultrasfiorenzuola@libero.it

“Infedeli, barbare ed ingrate
Fingon d’amarvi se voi le amate
Amor di donna, amor d’avaro,
Sposa l’uomo che ha del denaro.”

VERDE SPERANZA, I PIANETI DELLA FORTUNA
Fogli volanti, canzonieri, libretti, cartelloni sono sempre stati una componente essenziale del mestiere di cantastorie durante il “treppo” in piazza: tutte le vicende della cronaca, le canzonette, le parodie.


Una analisi di questa produzione permette di passare in rassegna anche quei fatti di cronaca che in misura più o meno notevole hanno contribuito a tracciare la storia del nostro paese.
Nello stesso tempo è possibile verificare come la veste tipografica, lo stile e il contenuto di fogli volanti e canzonieri ( questi in misura maggiore dei cartelloni che illustrano le storie dei cantastorie siciliani che mantengono ancora oggi una loro dignità, che si rispecchia anche nei testi) abbiano subìto una decadenza continua dovuta anche allo sviluppo attuale dei mezzi di diffusione delle immagini relegando il mestiere dei cantastorie (specialmente quello dell'Italia settentrionale) in posizioni sempre più emarginate, soprattutto nei luoghi di svolgimento di mercati, fiere, sagre.
[…] Oggi nessuna delle tipografie che negli ultimi decenni stampavano i testi dei cantastorie (e anche quelli degli ambulanti, quali i pianeti della fortuna) continua questa produzione.
Gli ultimi fogli volanti apparsi sul mercato sono stati quelli di Campi di Foligno (circa dieci anni fa) con le immagini proprie del rotocalco e senza l'indicazione dell'autore dei versi.


Con il contributo di Lorenzo De Antiquis, presentiamo alcune memorie sulle attività delle tipografie agli inizi del 1900.
Ricorda De Antiquis:
«Nel 1916 c'era allora il celebre cantastorie lombardo - piemontese, “Montagna”, dal quale poi hanno preso slancio Callegari, che è stato un suo allievo, e poi Pietro Tenti, Bagni Romolo. Allora, nel 1915 -'16, già era operante la tipografia Giuseppe Campi di Foligno per la quale scrivevano i cantastorie di allora.
Uno fra i più noti e celebri, che ha scritto più di tutti, è Bracali Giuseppe. Un autore di migliaia di storie di allora, di fatti, era anche abile nelle storielle umoristiche.
Poi sono sorte altre tipografie, perchè i cantastorie di allora che si chiamavano anche canzonettisti ambulanti, erano abbastanza diffusi sia a Milano sia a Torino o Genova. Per esempio a Genova c'era una tipografia che stampava dei volantini per cui quando si lavorava a Genova nel 1918 - '19 si passava da questa tipografia che stampava a tamburo battente: ce ne dava 50-100-200.
Poi Campi si era ingrandito e serviva ormai tutti i cantastorie d'Italia: è stato il suo veicolo che gli ha permesso di essere oggi l'editore di “Sorrisi e canzoni”.
Dopo è sorta una tipografia a Firenze che stampava dei fatti anche a colori abbastanza bene in via Canto de' Nelli, nel 1919 - '20, che ha stampato tanti fatti che allora erano belli, proprio … stampava dei fatti a colori che per noi in quel momento rappresentava un qualcosa di modernissimo. Faceva i fatti su un foglio con due o quattro quadri illustrati con sotto la poesia. Poi nello stesso tempo in questa tipografia si stampava qualche canzoniere con roba da ridere, parodie, cose umoristiche.


Poi è venuta fuori Fiorenzuola d'Arda con Marchi e Pelacani e Pennaroli.
Erano due tipografie che si facevano un po' di concorrenza. Addirittura invece di una ce n'erano due!
Marchi e Pelacani era la più nota, e poi c'era questo Pennaroli: stampavano i fatti, i canzonieri sempre fatti dai cantastorie, niente di autore. Poi stampavano i fatti illustrati ed i libretti umoristici.
Poi è venuto fuori a Milano in via Fiori Chiari il tipografo Lucchi. Lucchi è stato il tipografo che negli anni '24 - '25 - '26 - '27 stampava enormemente.
Faceva un foglio grandioso gigantesco che noi vendevamo a una lira, un foglio di canzoni d'autore che però non pagava una lira di diritti d'autore per economia e si trovava in contrasto con le case musicali e ci son stati dei sequestri.
Prima lo faceva Campi questo lavoro, poi s'era messo a farlo lui e allora guerre contro guerre e noi cantastorie ci si serviva tanto a Milano come a Foligno con Campi e a Fiorenzuola da Marchi e Pelacani e Pennaroli.
Poi io, Lorenzino De Antiquis, che ho scritto tanti anni con Campi, non trovando un compenso avevo messo su un'altra tipografia da cantastorie a Reggiolo con un certo Confetta, col quale abbiamo lavorato dal 1930 - '31 fino al '34 - '35 e anche lì sono usciti fuori dei canzonieri, dei fatti che alimentavo e avevo anche come penna Cagliari Gaetano e poi piano piano anche altri cantastorie.
Poi siamo arrivati che queste tipografie piccole piano piano hanno dovuto chiudere perché Campi gli faceva la guerra; non potevano più fare le parodie … e allora facendo le parodie si era incriminali! … piano piano hanno dovuto cessare.
Poi ho fatto l'editore anch'io: nel dopoguerra stampavo a Forlì e vendevo a tutti i cantastorie; sono andato avanti quattro o cinque anni e poi ho dovuto chiudere anch'io sempre per le stesse ragioni, chè Campi bombardava e non era possibile continuare a stampare perché c'era da essere incriminati.
Poi è venuto il regresso della vendita delle canzoni dei nostri fogli come è venuto lo sviluppo delle canzoni d'autore, come diciamo noi, come è venuta la stampa delle canzoni sui giornali, come è venuto il rotocalco: pian piano si sono portati verso le cose che vendevamo solo noi, son diventati di dominio pubblico. Le edicole vendono canzoni, la radio ecc. ecc. siamo arrivati a un punto che oggi i cantastorie stampano poco. Campi stampa ancora qualche cosa, ma così poco che per i cantastorie è quasi niente».
Come avveniva la compilazione dei fogli e dei canzonieri? Come si svolgeva la collaborazione tra i cantastorie e la tipografia?
I cantastorie spesso mandavano i versi delle canzoni, le storie, a volte anche una sola traccia che era poi sviluppata, realizzata dai tipografi con l'impaginazione dei fogli che illustravano con disegni ispirati al fatto e con fregi. Spesso era determinante il gusto personale del tipografo e dello stesso correttore di bozze.
Aggiunge De Antiquis :
«C'erano due sistemi: il cantastorie che gli sembrava di avere fatto una storia, una tragedia, un fatto che gli interessava a lui direttamente, andava in tipografia e quasi sempre desiderava che stampassero esclusivamente per lui.
Invece se la cosa attaccava, andava, il tipografo la dava anche agli altri, quindi praticamente quello che l’ aveva scritta guadagnava solo su quelle che vendeva.
Poi c’ erano quegli autori come Bracali Giuseppe che a un certo momento è stato assunto da Campi come dipendente: non andava più in piazza, faceva solo le storie e lavorava nella tipografia facendo i pacchi.
La vendita di questi editori era fatta per mezzo posta ai clienti, si mandava dei pacchi contrassegno o no. Allora Campi aveva preso come dipendente il Bracali. Scriveva le storie e in più faceva il lavoro in tipografia di confezione di pacchi e di distribuzione per mezzo posta e scriveva e veniva ricompensato perché scriveva.
A un certo momento ho detto: ma se tutti con le mie canzonette guadagnano sarebbe giusto che guadagnassi anch'io qualcosa! se lo prendono gli altri …
“La voce di Taioli - Villa” è stato uno sfruttamento che ha fatto qualche cantastorie inserendole per poter prendere, diciamo, le briciole di quello che è l’ attuale successo dei cantanti, e rappresenta l' inizio dell’ era della industrializzazione delle canzonette da cui sono rimasti stritolati i cantastorie.
Allora quando Taioli o Villa o gli altri, Modugno ecc. sono ormai divi, il cantastorie ha capito che mettere una fotografia di Taioli o Villa sul foglio e dire: io ho conosciuto Taioli, io ho parlato con Claudio Villa, io sono amico di Modugno è una ragione per poterlo vendere, più che metterci la fotografia di un cantastorie».


A Fiorenzuola d'Arda (Piacenza) negli anni verso il 1930 erano attive due tipografie: Marchi e Pelacani, e Pennaroli.
La tipografia ha iniziato la sua attività nel 1921 con quattro soci: Antonio Marchi, Alessandro Pelacani, un cugino di Marchi e un certo Masini.
Sull'attività di questa tipografia ricordiamo questa testimonianza di Antonio Marchi (scomparso qualche anno fa) raccolta nel 1968:
«Abbiamo cominciato con i pianeti che facciamo ancora adesso. Poi abbiamo cominciato a fare le canzonette che ci portava Pietro Tenti di Pavia. Faceva andare parecchia roba; adesso non abbiamo saputo più niente perché noi abbiamo cessato, lui anziano, chissà chi lo sa, avrà lasciato lì per forza.
Veniva qui anche Boldrini. Per Tenti faceva le parodie quel nostro operaio.
Venivano qui loro, anche quelli di Pavia. Poi era amico del nostro operaio che faceva le parodie e allora erano sempre in comunicazione fra di loro e quando facevano quei canzonieri, lui faceva insieme dentro la parodia che aveva fatto lui, poi gliela ritornava, faceva le correzioni e poi la stampavano; duemila o quattro cinque dieci mila secondo le piazze che faceva e quello che gli interessava di più. C'era qualche disegno: si faceva la fotografia e poi si faceva il clichè, poi si stampava.
Ne abbiamo fatto di canzonieri!
Poi abbiamo avuto dei guai con questo Campi di Foligno e allora a un bel momento abbiamo dovuto lasciare lì perché se le parodie non si possono fare, c'è poco da fare, si va incontro alla legge. Una parodia che aveva fatto mio cognato era quella di “Faccetta nera”.
De Antiquis lo ricordo bene anche lui; ce n'era uno di Cremona che andava in giro con la sua signorina.
Poi con il morire dei soci abbiamo abbandonato; poi con quel fatto lì delle parodie, abbiamo abbandonato di dover far sempre delle questioni: o curarlo o specializzarsi come faceva Campi che faceva i libretti da mettere nelle edicole, poi li farà ancora adesso. Poi quando non si sa di essere a posto non conviene di continuare, non si può fare è inutile: prendi un diritto di un altro e quindi vai sempre in mano alla legge, e poi a un bel momento quando si giunge alla fine non hai ragione.
Venivano a prenderli loro; i più che si manda sono i pianeti perché mille son mezzo chilo; le canzoni invece sono pesanti e mandarle per posta era una spesa, allora venivano loro. Scotuzzi Domenico di Milano, Biolchini Mario che scriveva lui le sue canzonette e le mandava qui e voleva che gliele facessimo. Era venuto uno a prendere l'alfabeto delle donne e ne ha dato via parecchi di quelli lì».
L'altra tipografia attiva dalla seconda metà del secolo scorso è quella di Pennaroli, rilevata nel 1919 da Angelo Malvezzi, scomparso qualche anno fa. Suo figlio Antonio continua l'attività paterna. Nel '73 l'editore Vanni Scheiwiller ha raccolto in un volume la storia di questa tipografia ( “I pianeti della fortuna, canzoni e vignette popolari” ) che costituisce un interessante catalogo dell'editoria popolare negli ultimi cento anni. E in questo campo è ancora presente la tipografia, ora guidata da Antonio Malvezzi, con la pubblicazione oltre che dei "Pianeti" (prodotti in off¬set, per diversi milioni di copie all'anno), anche de “Il Doppio Pescatore di Chiaravalle”, “Il Planetario”.
L'attività attuale delle tipografie che un tempo producevano i fogli volanti e i canzonieri dei cantastorie settentrionali, è ora ridotta alla stampa di qualche pianeta della fortuna e di calendari e almanacchi.
Nel catalogo di Campi di Foligno è presente qualche altra pubblicazione come alcuni "metodi" per chitarra, fisarmonica, mandolino, o "guide" per scrivere lettere, " La vera cabala", "Un secolo di stornelli", "Napoli canta", ecc.
Terminiamo queste note sull'editoria popolare ricordando i nomi di qualche altra tipografia che nel secolo scorso stampava per i cantastorie: Salani e Ducci a Firenze, Ranzini a Milano.
Oggi è possibile trovare qualcuno dei fogli volanti con le incisioni in legno di sapore ottocentesco solo in qualche libreria antiquaria.
Di fiera in fiera il venditore apriva la sua gabbietta. Ne usciva un pappagallino pronto a prendere con il piccolo becco ricurvo uno dei tanti variopinti foglietti da cui ci si aspettava un consiglio, una previsione felice e, perché no, un pizzico di fortuna. Erano questi i pianeti della fortuna che dalla metà dell'Ottocento, e fino a mezzo secolo fa, cantastorie e venditori ambulanti offrivano nei mercati in cambio di una piccola offerta. Colorati, di circa 9x12 cm di formato, contenevano pronostici, numeri per il gioco del lotto e una piccola vignetta. Ma a caratterizzarli più di ogni altra cosa era il fatto che ce ne fosse uno per ogni categoria di acquirente: dall'uomo alla donna, dal bambino alla bambina, dal vedovo all'ammogliato e così via fino a coprire le varie età della vita e le varie condizioni civili. Sembra che il primo a stamparli sia stato a Fiorenzuola d'Arda il tipografo Giuseppe Pennaroli.
A questi seguirono poco dopo quelli di Foligno, città dove i pianeti della fortuna venivano stampati e diffusi al resto d'Italia dalla tipografia Campi.

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