giovedì 5 aprile 2012

L'ARMATA BRANCALEONE

L’otto faccio gli anni.. l’8 aprile di 22 anni fa, aprivo gli occhi ed emettevo i primi vagiti su quell’angusta gradinata di Albenga. Quest’anno, un giorno prima, sabato 7 aprile la squadra del mio cuore si reca a Fidenza per il derby numero 23 della sua storia lunga Novant’anni ..sempre tutto in regola, senza fallimenti, fusioni e sporcacciate di questo genere. Avanti il Fiorenzuola con 10 vittorie contro le 6 del Fidenza. 6 i singolar tenzoni terminati in parità.
Fra le file avversarie c’è il grande ex Dennis Piva che se non fosse stato preso per il culo da qualche saccente nell’estate del 2010 magari ora vestirebbe ancora rossonero con la fascia di capitano al braccio per la gioia e l’orgoglio di tutti i Tifosi Fiorenzuolani.
I bianconeri dopo gli esagerati investimenti degli ultimi 4 anni, senza mai riuscire a centrare una promozione (quest’anno ripescati in quanto decimi in graduatoria di meriti dell’Eccellenza) hanno trovato comunque ambizioni e ulteriori risorse per fare bene, per fare con dignità il Campionato Nazionale di serie D. Con tre acquisti di peso messi a segno a dicembre si sono rimessi in carreggiata alla grande e ora lottano per la Salvezza diretta senza passare per i play-out. Tre acquisti importanti come detto al fidenza village, invece a noi non ci hanno neppure preso per soli sei mesi Bertolini o Canonico e ora chi ci tiene è qui a piangere ancora sul latte versato.
Al Ballotta l’ultimo precedente risale alla stagione 2007/08 in Eccellenza. Bertoncini da Roveleto di Cadeo porta in vantaggio gli asini, raddoppio dell’ex Luca Mosti su penalty con esultanza provocatoria. Che difficoltà da parte nostra a mettere palle pericolose in mezzo all'area.. fino a quando si alzò dalla tribuna un: "Alurà le al balon!". Luca Franchi accorcia le distanze per noi. Poi ricordo che di'incanto sparivano palloni e raccattapalle mentre i minuti passavano inesorabili. Finì 2 a 1 per i padroni di casa e ci fu così da soffrire splendidamente per conquistare quel meritatissimo ritorno in serie D del Magico Fiorenzuola di mister Massimo Perazzi, del diesse Marzio Merli, di capitan Sandro Melotti, di Orrù, Piva, Valla e Armani, di bomber Franchi e dei presidenti Luigi Pinalli e Luciano Rosi. Tempi della madonna che ora possiamo solo rimembrare col binocolo. Fra rassegnazione incombente ..perchè è munifico e doveroso sentirsi dire di continuare crederci ma al contempo è certa la consapevolezza che la situazione è compromessa quasi irreversibilmente, perché 7 punti di distacco sono un enormità e le altre vanno e tu con quella fantastica ARMATA BRANCALEONE fatta di bravi ragazzi, senza aiuti, dilaniata dall’incuria, dalla sfiga ecc. ecc. devi scendere in campo e dare un senso a questo finale.
Sarà il fidenza a darci il definitivo colpo di grazia? Sarà il fidenza di quella figura legata ad alcuni nostri dirigenti che ha messo perennemente zizzania contribuendo in questi anni a incrinare i rapporti tifosi rossoneri-società? 
Forse da qui a pochi mesi finirà una volta per tutte anche questa appiccicosa vicenda. 
Sognare/Augurarsi di rivedere la rete pazzesca del Fuma! Simone Fumasoli nel match di andata ..o passare un pomeriggio STORDITI dal gol-vittoria di Cerati corso sotto la gradinata per noi.. certi, da quel preciso istante, di avere dato una svolta al girone di ritorno. Siamo agli sgoccioli solo questo ci resta, lasciare il segno per l’ultima volta e fare un sù e sù.
Di quella prima volta ad Albenga non ci sarà nessuno. Quelli che hanno visto grande il Fiore probabilmente non ci saranno. Quelli che seguono con passione i ROSSONERI da dieci anni a questa parte fra alti e bassi sperano almeno in tutto questo.
FORZA VECCHIO CUORE ROSSONERO!
ultrasfiorenzuola@libero.it


film: L'ARMATA BRANCALEONE di Mario Monicelli
L'armata Brancaleone è un film del 1966 diretto da Mario Monicelli, presentato in concorso al 19º Festival di Cannes. L'armata Brancaleone è un film a colori di genere avventura, commedia della durata di 120 min. diretto da Mario Monicelli e interpretato da: Vittorio Gassman, Catherine Spaak, Gian Maria Volonté, Folco Lulli, Maria Grazia Buccella, Barbara Steele, Enrico Maria Salerno, Carlo Pisacane, Ugo Fangareggi, Gianluigi Crescenzi. Prodotto nel 1966 in Italia, Francia, Spagna.
trama:
A Civitanova, nella buia Italia dell'XI secolo, Brancaleone da Norcia, unico e spiantato rampollo di una nobile famiglia decaduta, dotato però di una non comune eloquenza ed animato da sane virtù e cavallereschi principî, guida un manipolo di miserabili (l'anziano notaio Abacuc, il robusto Pecoro, un ragazzino di nome Taccone e lo scudiero Mangold) alla presa di possesso del feudo di Aurocastro, secondo quanto dettato in una misteriosa pergamena imperiale scritta da Ottone I il Grande che gli stessi miserabili gli porgono e che affermano di aver rinvenuto in modo del tutto lecito e casuale, in realtà rubata al suo proprietario: un cavaliere aggredito e creduto morto. Brancaleone inizialmente non vuole mettersi al comando di un gruppo di straccioni e rifiuta con disprezzo. Tuttavia, nel torneo a cui si accingeva a partecipare, il combattimento con un altro cavaliere si conclude con la sua sconfitta, e il cavaliere accetta di unirsi con il gruppo di miserabili. Attraversando tutta la penisola, viene coinvolto in diverse avventure: incontra un principe bizantino diseredato, Teofilatto dei Leonzi, che si aggrega all'armata; entra in una città apparentemente deserta dando licenza di saccheggio, salvo scoprirla poi infestata dalla peste; dopodiché si aggrega al monaco Zenone (cioè Pietro l'Eremita), che, a capo di un gruppo di pellegrini, è diretto a Gerusalemme per unirsi alla lotta per la liberazione del Santo Sepolcro. In seguito, per superare un instabile ponte ("cavalcone" nel film), diversi di loro passano ma, quando tocca a Pecoro, questo precipita: Zenone pensa che qualcuno non abbia fede, e perciò abbia dato il "malocchio" all'uomo. Si scopre che l'anziano Abacuc è di fede ebraica e quindi non nella "retta via". Battezzato Abacuc (sotto una piccola cascata gelata), riprendono la strada per Gerusalemme ma raggiungono un ennesimo "cavalcone": il gruppo ha paura di oltrepassarlo per non fare la stessa fine di Pecoro, e Zenone, per dar fede, passa per primo, precipitando nel fossato. Ormai non hanno una guida che li porti a Gerusalemme, quindi, "l'armata" di Brancaleone riprende la strada per Aurocastro. Durante il cammino si inoltrano in un bosco e proprio qui il cavaliere salva una giovane promessa sposa, Matelda, dalle grinfie di avidi barbari che hanno massacrato le guardie di scorta che erano con la ragazza, ma Brancaleone arriva ed uccide il capo dei manigoldi e, in seguito, lei si offre di guidarli fino al suo tutore, ferito mortalmente dai barbari, che in punto di morte fa promettere a Brancaleone di portarla in sposa al nobile Guccione. Lei vuole sposarlo, ma il cavaliere rifiuta: la donna si concede allora a Teofilatto. Dopo altri giorni di viaggio arrivano alla roccaforte di Guccione e, durante i festeggiamenti, il nobile scopre che qualcuno ha abusato di Matelda e fa rinchiudere Brancaleone, da lei accusato, in una gabbia. I suoi amici decidono di liberarlo e vanno dal fabbro del paese, Manuc, che sta per suicidarsi. Lo fermano e, con il suo aiuto, liberano Brancaleone, il quale scopre dai suoi compagni di viaggio che Matelda è stata portata in un monastero da Guccione. Raggiunge quindi il convento e, dopo aver ucciso diverse guardie del nobile, arriva alla sua stanza, ma lei ha scelto di prendere i voti per fare penitenza di averlo accusato ingiustamente, e non intende venir meno alla sua scelta. Brancaleone, sorpreso e amareggiato per la perdita del suo amore, parte quindi con i suoi amici, con l'aggiunta del fabbro Manuc. Teofilatto, vedendo che sono arrivati vicino alla sua dimora, convince l'armata ad estorcere denaro alla famiglia dei Leonzi, fingendosi in ostaggio: suo padre decide quindi di pagare il riscatto il giorno dopo. E' proprio in quello strano ricevimento che una delle ancelle si innamora di Brancaleone e, la notte stessa, tenta di persuaderlo. Il giorno dopo il padre di Teofilatto decide di non pagare perché il figlio è in realtà nato fuori dal matrimonio (fatto che anche lui ignorava); per intimare agli uomini di Brancaleone di lasciare la dimora, minaccia di ucciderli con frecce avvelenate. Brancaleone non demorde, e allora il padre di Teofilatto dà l'ordine di lanciare le frecce, ma essi riescono comunque a fuggire Durante altri giorni di viaggio Mangold e Teofilatto reincontrano Pecoro (creduto morto cadendo nel precipizio) nella tana di un orso. Avvertono quindi Brancaleone e, dopo aver imbrogliato l'orso, portano con loro l'amico. Passano giorni e giorni, e quando sono ormai in vista del feudo di Aurocastro dovranno subire una perdita, quella di Abacuc, che muore di vecchiaia. Giunti nelle campagne intorno al feudo da reclamare, il gruppo sente delle campanelle che associano al sonaglio di Zenone: scoprono poi che si sbagliano poiché il suono proveniva da una mucca. Raggiungono alla fine la roccaforte di Aurocastro e gli abitanti del luogo si affrettano a consegnare agli eroi le chiavi del castello prima di rifugiarvisi, lasciando l'armata sola a fronteggiare l'attacco da parte dei pirati Saraceni; adesso si spiega tutto: Ottone aveva scritto quella pergamena per dare alla cittadina un feudatario che l'avrebbe salvata dalle numerose incursioni dei pirati. Brancaleone e il suo piccolo esercito, dopo aver maldestramente tentato di tendere una trappola agli invasori, sono fatti ben presto prigionieri e condannati alla pena di morte per impalamento, ma vengono liberati da un misterioso personaggio che uccide tutti i saraceni, compreso il loro capo. Il cavaliere che li ha salvati si rivela essere il cavaliere erroneamente creduto morto all'inizio della storia. Questi, il vero e legittimo destinatario della pergamena, condanna Brancaleone e i suoi armigeri al rogo come ladri e usurpatori. Teofilatto rivela a Brancaleone di essere stato lui ad avere abusato di Matelda, causando la rabbia dell'uomo. Ma proprio quando la sentenza sta per essere eseguita, ricompare il monaco Zenone - sopravvissuto alla caduta nel fiume e di nuovo a capo di un manipolo di straccioni diretti in Terra Santa - il quale convince il cavaliere a liberare Brancaleone ed i suoi, in quanto ancora legati al voto di seguire il monaco a liberare il Santo Sepolcro. L'immagine del Medioevo italico che scaturisce dall'ambientazione de L'armata Brancaleone è, per la prima volta nel cinema italiano, un'immagine plausibile e realistica, lontana dalle rappresentazioni cavalleresche e mitologiche tipiche di tanta letteratura romantica. Quello di Monicelli è un Medioevo straccione, popolato di disperati, miserabili, cialtroni ed appestati, fortemente dualista, perennemente diviso tra fede e peccato, spirito e carne, eros e morte, che rivisita pesantemente il mito delle gesta cavalleresche. Un medioevo estremamente violento e cruento nel quale le scene, seppur finalizzate all'evento comico e comunque condite di abbondante ironia, non lasciano indifferenti per la crudezza della rappresentazione. L'operazione cinematografica non ha nessun valore filologico e storiografico, ciò nonostante risulta efficace sia dal punto di vista prettamente teatrale perché impostata su tratti e vicende umane del tutto plausibili, ben articolata nei vincoli canonici della commedia (rottura di un equilibrio o creazione di una nuova condizione di fatto, costituzione di un gruppo intorno ad un leader carismatico, definizione della impresa, finale ridicolo e fallimentare, rielaborazione della vicenda vissuta), sia dal punto di vista della valenza culturale, perché riuscirà ad imporre dei canoni stilistici ed a dare nuove rappresentazioni popolari di un preciso periodo storico. Sebbene il film sia una commedia in costume, molti sono d'accordo nel ritenere che esso appartenga di diritto al genere della commedia all'italiana. Effettivamente l'Italia che nel film viene rappresentata è famelica, pezzente, meschina ed infingarda ma al tempo stesso capace di gesti eroici, animata da una grande ed ammirevole umanità come nella tradizione dei migliori film appartenenti a questo genere, del quale il regista è maestro indiscusso. Mario Monicelli non nascose il fatto che il film era stato concepito anche con intenti pedagogici e popolari; d'altronde analizzando tutta la produzione cinematografica del regista toscano si percepisce l'inclinazione a rivisitare, in termini popolari ed accessibili, periodi o eventi di rilievo della storia italiana. Monicelli vuole raccontare una nuova storia italiana, nella quale i diseredati, i perdenti, gli sfortunati trovino anche loro una collocazione onorevole, a dispetto delle versioni ufficiali edulcorate ad uso e consumo dei sussidiari per le scuole elementari. Alla coralità dell'opera prestano il loro contributi diversi attori. Su tutti emerge il protagonista Vittorio Gassman. La sua interpretazione si appropria completamente del nuovo idioma creato dagli sceneggiatori, lo rende vivo, fortemente teatrale, epico ma al tempo stesso irresistibile dal punto di vista comico. Non ultimo bisogna citare il supporto musicale di Carlo Rustichelli, che in diversi momenti del film contribuisce ad accentuare la doppia vena comico-drammatica delle vicende narrate. Il motivetto scritto per l'occasione, ed al quale collaborò direttamente il regista, divenne un tormentone popolare (Branca, Branca, Branca, Leon, Leon, Leon, Fiii... Bum!).

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