Thriller-Horror all'italianaIL PRATO MACCHIATO DI ROSSO
Regia - Soggetto - Sceneggiatura : Riccardo Ghione
Con : Enzo Tarasciò - Marina Malfatti - Lucio Dalla - Nino Castelnuovo - Dominique Boschero - Barbara Marzano
Musica : Teo Usuelli - Brano musicale "Il prato macchiato di rosso" eseguito da Lucio DallaItalia 1973 colore / 85'minuti
Un agente dell'UNESCO (?!?), scopre con stupore, che in una bottiglia, di una nota azienda vinicola italiana, vi è imbottigliato - anzichè vino - del sangue.... Nel frattempo, nei dintorni di Piacenza, due giovani hippies chiedono un passaggio ad un distinto signore, che li ospita in una villa, dove vive assieme a sua sorella e al marito di lei. I due giovani, notano che oltre a loro, vengono ospitati un ubriacone, una zingara ed una prostituta.....ma la padrona di casa, li rassicura dicendogli che amano circondarsi di tante compagnie. In realtà i padroni di casa nascondono, sotto l'apparenza di un'azienda vinicola, un "mostruoso" ( ! ) macchinario succhiasangue...... e dalla doccia fuoriesce sangue grazie ad un ben riuscito effetto speciale di Bobby Betta.
Girato nel 1972, ma distribuito solo nel 1975, "IL PRATO MACCHIATO DI ROSSO", si rivela una "piccola perla", per gli amanti del "demenziale" ,oltre ogni limite. D'accordo - potrà risultare inguardabile - ( anche sotto il profilo tecnico - registico ) ma non possiamo negare, che nella pellicola, si annidi qualcosa di assolutamente geniale - per intenderci; "IL PRATO MACCHIATO DI ROSSO" è uno di quei film, che potrebbe ma non può! Con questo non si può certo gridare al capolavoro, ma allo stesso tempo il lavoro di Ghione, non andrebbe neanche preso sottogamba, ma casomai visto in un'ottica - distaccata da un lato ( lasciandosi andare completamente alle immagini, dominate da un'estetica del "kitsch"- al limite della ricercatezza) e attenta dall'altro : Ghione infatti, costruisce una vicenda in cui parrebbe che la stupidità ( voluta in questa caso ! ) e la comicità involontaria costituiscono l'ingrediente principale de "IL PRATO MACCHIATO DI ROSSO". Ma è proprio da questi ingredienti controproducenti per un horror ; che l'opera di Ghione si ritaglia un suo preciso "spazio" o "nicchia" nel panorama del thriller italico, rivelandosi come una sorte di "denuncia" verso quella borghesia che ( metaforicamente )"succhia" avidamente la vita dagli emarginati - siamo dunque dalle parti di "Hanno cambiato faccia" di Corrado Farina o de "La corte notte delle bambole di vetro" di Aldo Lado. Ma l'ottica o la logicità, in cui "IL PRATO MACCHIATO DI ROSSO" si muove, è un percorso dove il "kitsch" diventa l'elemento fondamentale dell'intera vicenda - facendo sospettare l'idea - che lo stesso regista lo accetti fino in fondo, subliminando l'idea in cui il "BRUTTO" diventa "BELLO" - trasformando l'intera vicenda - in un "geniale" sberleffo ai "danni" dello spettatore stesso - e difatti Ghione sembra quasi divertirsi a girare nel migliore del peggiore dei modi una vicenda in cui gli attori vanno e vengono - a seconda del capriccio del regista - in situazioni dove "il non capibile" ( ossia il non comprendere la necessità di alcune sequenze, in funzione alla narrazione della vicenda ) e l'assoluta "follia" di alcuni raccordi ( come ad esempio la sequenza in cui un hippy facendosi la doccia, scopre con stupore che dal rubinetto non sgorga acqua, ma vino !? ) rendono il lavoro di Ghione, qualcosa di assolutamente imperdibile, per quel pubblico che ama "L'INDEFINIBILE" ( in senso positivo ) il non "RICONOSCIBILE" . "IL PRATO MACCHIATO DI ROSSO" rappresenta quel tipo di film che sfugge a qualsiasi classificazione o regola....e si colloca casomai, in una sorte di immaginaria "anarchia", che pone lo spettatore in una posizione di assoluta subordinazione - della serie - "....prendere o lasciare!"
SCENA CULT: Praticamente tutte quelle in cui compare Lucio Dalla, nel ruolo di un ubriacone perennemente attaccato ad una bottiglia di vino, che con aria quantomai stranita, sembra non capire nulla di ciò che gli accade intorno ( urla e omicidi compresi ). Mirco SassoliIL PRATO MACCHIATO DI ROSSO (1975)Titolo Originale: IL PRATO MACCHIATO DI ROSSO
Regia: Riccardo GhioneInterpreti: Lucio Dalla, Dominique Boschero, Marina Malfatti, Enzo Tarascio, Daniela Caroli, Claudio Biava, Femi Benussi, Barbara Marzano, Nino Castelnuovo, George Willing
Durata: h 1.32
Nazionalità: Italia 1975
Genere: horrorAl cinema nel Giugno 1975
In una villa situata nelle ridenti campagne piacentine, il dottor Antonio Genovese, sua moglie Nina e suo cognato Alfiero hanno allestito un laboratorio segreto per dar vita ad un "essere perfettissimo" ricavato dai cadaveri degli incauti vagabondi che occasionalmente accettano la loro ospitalità. Il mostro sta già prendendo forma ed aspetta soltanto di essere animato dal sangue delle vittime che il previdente scienziato ha avuto cura di imbottigliare, riempiendo l'intera cantina. Una prostituta, una zingaza, un alcoolizzato e due giovani hippie che fanno sosta nella sinistra magione sono le prossime vittime designate...Voto Visitatori: 7,00
Oltre a recitare come attore nella parte del cupo ubriacone dal volto indecifrabile, Dalla, all'epoca ben noto grazie a 4 marzo 1943 e Piazza Grande, fu anche autore della canzone che apre e chiude il film, e che reca il titolo omonimo.
L'estate di Stracult macchiata di rosso.
In un'estate un pò avara (almeno fino ad ora) dal punto di vista dei film-cesso come questa, possiamo concederci qualche cenno storico e qualche nobile richiamo. Pochi conoscono il film "Il prato macchiato di rosso", girato nel 1971 a Fiorenzuola d'Arda. E ti credo. Il genere è horror con venature eroticheggianti. La produzione fallì e gli attori dovettero accollarsi le spese delle riprese finali. Fra le comparse: Franco Testa dell'omonima azienda vitivinicola Arquatese e Giovanni Zappieri detto Vanettù, fiorenzuolano del sasso, storico macchinista del cinema cittadino, nei panni di un cameriere nella discoteca Risorgimento, poi divenuta My Way. La prima nazionale fu al Cinema Risorgimento di Fiorenzuola nel 1973. La trama è la seguente: in una villa abita una coppia vagamente nazi dedita al seguente hobby. Danno ospitalità a vagabondi, capelloni e figli dei fiori vari, per poi farli fuori attraverso l'entrata in scena di un robot assassino. Perchè tutto questo? Per vendere il sangue dei malcapitati a Paesi del sud del mondo in guerra, bisognosi evidentemente in tal senso. Alla fine Nino Castelnuovo, ispettore dell'Unesco (bè, grandissimo), si mette sulle tracce degli scomparsi e smaschera la coppia sanguinaria. Come è tradizione, il cattivo (che indossa per tutto il film papillon enormi) verrà fatto fuori dalla sua stessa creatura. Tra gli interpreti, c'è un clamoroso Lucio Dalla nella parte dello scemo che risiede nel casotto del giardino della suddetta villa. Dalla canta anche la canzone che accompagna i titoli di testa e i titoli di coda del film; il pezzo è sistematicamente omesso -chissà perchè- da tutte le discografie del cantautore. Cosa dice la "bibbia" dei film-cesso? "Pazzesco piccolo thriller con idee diretto e scritto da Riccardo Ghione, curioso outsider del nostro cinema con tanto di Lucio Dalla nella parte di un barbone misterioso.(..) Non si sa bene cosa Ghione volesse dire, ma Domenique Boschero e Daniela Caroli sono notevoli e il film è un oggetto supertrash mica male" (da "Stracult" di Marco Giusti).Effettivamente è difficile individuare un messaggio, una morale o qualcosa di simile. Forse che non conviene fare il figlio dei fiori con chitarra, capello lungo e dedicarsi al libero amore. Piccolo particolare: la villa, "villa Mondelli" esiste ancora, oggi "villa Anita" è situata nel centro del Capoluogo della Valdarda, tra Via Trieste e via Calestani, e al suo interno c'è un laboratorio di analisi del sangue...Il film è bandito da anni anche dalle tivù private più scianche.Due aggiunte in merito a "Il prato macchiato di rosso", film girato a Fiorenzuola d'Arda.
La prima: intervistato da Libertà qualche giorno fa, Franco Califano (ospite abituale dell'Hotel "Le Ruote" di Roveleto di Cadeo) ha fatto una veloce tirata moraleggiante sulla vita e dintorni, per poi passare all'elenco di quelle che ha, come dicono i transalpini, baccarellato.L'autore di "Semo gente de borgata" ha riservato una menzione particolare a Dominique Boschero, protagonista proprio del nostro film, definendola "la mia nave scuola".La seconda: sul web (www.centraldocinema.it), esiste una recensione - a tratti piuttosto azzardata- de "Il prato macchiato di rosso".
Regia - Soggetto - Sceneggiatura : Riccardo Ghione
Con : Enzo Tarasciò - Marina Malfatti - Lucio Dalla - Nino Castelnuovo - Dominique Boschero - Barbara Marzano
Musica : Teo Usuelli - Brano musicale "Il prato macchiato di rosso" eseguito da Lucio DallaItalia 1973 colore / 85'minuti
Un agente dell'UNESCO (?!?), scopre con stupore, che in una bottiglia, di una nota azienda vinicola italiana, vi è imbottigliato - anzichè vino - del sangue.... Nel frattempo, nei dintorni di Piacenza, due giovani hippies chiedono un passaggio ad un distinto signore, che li ospita in una villa, dove vive assieme a sua sorella e al marito di lei. I due giovani, notano che oltre a loro, vengono ospitati un ubriacone, una zingara ed una prostituta.....ma la padrona di casa, li rassicura dicendogli che amano circondarsi di tante compagnie. In realtà i padroni di casa nascondono, sotto l'apparenza di un'azienda vinicola, un "mostruoso" ( ! ) macchinario succhiasangue...... e dalla doccia fuoriesce sangue grazie ad un ben riuscito effetto speciale di Bobby Betta.
Girato nel 1972, ma distribuito solo nel 1975, "IL PRATO MACCHIATO DI ROSSO", si rivela una "piccola perla", per gli amanti del "demenziale" ,oltre ogni limite. D'accordo - potrà risultare inguardabile - ( anche sotto il profilo tecnico - registico ) ma non possiamo negare, che nella pellicola, si annidi qualcosa di assolutamente geniale - per intenderci; "IL PRATO MACCHIATO DI ROSSO" è uno di quei film, che potrebbe ma non può! Con questo non si può certo gridare al capolavoro, ma allo stesso tempo il lavoro di Ghione, non andrebbe neanche preso sottogamba, ma casomai visto in un'ottica - distaccata da un lato ( lasciandosi andare completamente alle immagini, dominate da un'estetica del "kitsch"- al limite della ricercatezza) e attenta dall'altro : Ghione infatti, costruisce una vicenda in cui parrebbe che la stupidità ( voluta in questa caso ! ) e la comicità involontaria costituiscono l'ingrediente principale de "IL PRATO MACCHIATO DI ROSSO". Ma è proprio da questi ingredienti controproducenti per un horror ; che l'opera di Ghione si ritaglia un suo preciso "spazio" o "nicchia" nel panorama del thriller italico, rivelandosi come una sorte di "denuncia" verso quella borghesia che ( metaforicamente )"succhia" avidamente la vita dagli emarginati - siamo dunque dalle parti di "Hanno cambiato faccia" di Corrado Farina o de "La corte notte delle bambole di vetro" di Aldo Lado. Ma l'ottica o la logicità, in cui "IL PRATO MACCHIATO DI ROSSO" si muove, è un percorso dove il "kitsch" diventa l'elemento fondamentale dell'intera vicenda - facendo sospettare l'idea - che lo stesso regista lo accetti fino in fondo, subliminando l'idea in cui il "BRUTTO" diventa "BELLO" - trasformando l'intera vicenda - in un "geniale" sberleffo ai "danni" dello spettatore stesso - e difatti Ghione sembra quasi divertirsi a girare nel migliore del peggiore dei modi una vicenda in cui gli attori vanno e vengono - a seconda del capriccio del regista - in situazioni dove "il non capibile" ( ossia il non comprendere la necessità di alcune sequenze, in funzione alla narrazione della vicenda ) e l'assoluta "follia" di alcuni raccordi ( come ad esempio la sequenza in cui un hippy facendosi la doccia, scopre con stupore che dal rubinetto non sgorga acqua, ma vino !? ) rendono il lavoro di Ghione, qualcosa di assolutamente imperdibile, per quel pubblico che ama "L'INDEFINIBILE" ( in senso positivo ) il non "RICONOSCIBILE" . "IL PRATO MACCHIATO DI ROSSO" rappresenta quel tipo di film che sfugge a qualsiasi classificazione o regola....e si colloca casomai, in una sorte di immaginaria "anarchia", che pone lo spettatore in una posizione di assoluta subordinazione - della serie - "....prendere o lasciare!"
SCENA CULT: Praticamente tutte quelle in cui compare Lucio Dalla, nel ruolo di un ubriacone perennemente attaccato ad una bottiglia di vino, che con aria quantomai stranita, sembra non capire nulla di ciò che gli accade intorno ( urla e omicidi compresi ). Mirco SassoliIL PRATO MACCHIATO DI ROSSO (1975)Titolo Originale: IL PRATO MACCHIATO DI ROSSO
Regia: Riccardo GhioneInterpreti: Lucio Dalla, Dominique Boschero, Marina Malfatti, Enzo Tarascio, Daniela Caroli, Claudio Biava, Femi Benussi, Barbara Marzano, Nino Castelnuovo, George Willing
Durata: h 1.32
Nazionalità: Italia 1975
Genere: horrorAl cinema nel Giugno 1975
In una villa situata nelle ridenti campagne piacentine, il dottor Antonio Genovese, sua moglie Nina e suo cognato Alfiero hanno allestito un laboratorio segreto per dar vita ad un "essere perfettissimo" ricavato dai cadaveri degli incauti vagabondi che occasionalmente accettano la loro ospitalità. Il mostro sta già prendendo forma ed aspetta soltanto di essere animato dal sangue delle vittime che il previdente scienziato ha avuto cura di imbottigliare, riempiendo l'intera cantina. Una prostituta, una zingaza, un alcoolizzato e due giovani hippie che fanno sosta nella sinistra magione sono le prossime vittime designate...Voto Visitatori: 7,00
Oltre a recitare come attore nella parte del cupo ubriacone dal volto indecifrabile, Dalla, all'epoca ben noto grazie a 4 marzo 1943 e Piazza Grande, fu anche autore della canzone che apre e chiude il film, e che reca il titolo omonimo.
L'estate di Stracult macchiata di rosso.
In un'estate un pò avara (almeno fino ad ora) dal punto di vista dei film-cesso come questa, possiamo concederci qualche cenno storico e qualche nobile richiamo. Pochi conoscono il film "Il prato macchiato di rosso", girato nel 1971 a Fiorenzuola d'Arda. E ti credo. Il genere è horror con venature eroticheggianti. La produzione fallì e gli attori dovettero accollarsi le spese delle riprese finali. Fra le comparse: Franco Testa dell'omonima azienda vitivinicola Arquatese e Giovanni Zappieri detto Vanettù, fiorenzuolano del sasso, storico macchinista del cinema cittadino, nei panni di un cameriere nella discoteca Risorgimento, poi divenuta My Way. La prima nazionale fu al Cinema Risorgimento di Fiorenzuola nel 1973. La trama è la seguente: in una villa abita una coppia vagamente nazi dedita al seguente hobby. Danno ospitalità a vagabondi, capelloni e figli dei fiori vari, per poi farli fuori attraverso l'entrata in scena di un robot assassino. Perchè tutto questo? Per vendere il sangue dei malcapitati a Paesi del sud del mondo in guerra, bisognosi evidentemente in tal senso. Alla fine Nino Castelnuovo, ispettore dell'Unesco (bè, grandissimo), si mette sulle tracce degli scomparsi e smaschera la coppia sanguinaria. Come è tradizione, il cattivo (che indossa per tutto il film papillon enormi) verrà fatto fuori dalla sua stessa creatura. Tra gli interpreti, c'è un clamoroso Lucio Dalla nella parte dello scemo che risiede nel casotto del giardino della suddetta villa. Dalla canta anche la canzone che accompagna i titoli di testa e i titoli di coda del film; il pezzo è sistematicamente omesso -chissà perchè- da tutte le discografie del cantautore. Cosa dice la "bibbia" dei film-cesso? "Pazzesco piccolo thriller con idee diretto e scritto da Riccardo Ghione, curioso outsider del nostro cinema con tanto di Lucio Dalla nella parte di un barbone misterioso.(..) Non si sa bene cosa Ghione volesse dire, ma Domenique Boschero e Daniela Caroli sono notevoli e il film è un oggetto supertrash mica male" (da "Stracult" di Marco Giusti).Effettivamente è difficile individuare un messaggio, una morale o qualcosa di simile. Forse che non conviene fare il figlio dei fiori con chitarra, capello lungo e dedicarsi al libero amore. Piccolo particolare: la villa, "villa Mondelli" esiste ancora, oggi "villa Anita" è situata nel centro del Capoluogo della Valdarda, tra Via Trieste e via Calestani, e al suo interno c'è un laboratorio di analisi del sangue...Il film è bandito da anni anche dalle tivù private più scianche.Due aggiunte in merito a "Il prato macchiato di rosso", film girato a Fiorenzuola d'Arda.
La prima: intervistato da Libertà qualche giorno fa, Franco Califano (ospite abituale dell'Hotel "Le Ruote" di Roveleto di Cadeo) ha fatto una veloce tirata moraleggiante sulla vita e dintorni, per poi passare all'elenco di quelle che ha, come dicono i transalpini, baccarellato.L'autore di "Semo gente de borgata" ha riservato una menzione particolare a Dominique Boschero, protagonista proprio del nostro film, definendola "la mia nave scuola".La seconda: sul web (www.centraldocinema.it), esiste una recensione - a tratti piuttosto azzardata- de "Il prato macchiato di rosso".
Dalla e il film horror girato in Valdarda
01 marzo 2012
Forse pochi lo sapranno, ma Lucio Dalla, il celebre cantautore stroncato ieri da un infarto, all’inizio degli anni Settanta aveva girato un film horror sulle colline della Valdarda. Un dettaglio che alcuni piacentini (tra i quali Nando Mainardi, segretario regionale di Rifondazione Comunista) hanno riportato sulle proprie bacheche di Facebook, e che trova conferma su Wikipedia. Il film si intitola "Il prato macchiato di rosso", e fu diretto da Riccardo Ghione e interpretato, tra gli altri, da Lucio Dalla, Nino Castelnuovo, Marina Malfatti, Enzo Tarascio, Barbara Marzano. Il film, finito di girare nel 1972, fu distribuito solo nella primavera del 1975.
La trama
Un agente dell’UNESCO (nulla a che vedere con l’organizzazione ONU di tutela dei beni culturali) scopre che in una bottiglia di vino prodotta da una nota casa vinicola italiana è contenuto del sangue. La scena si sposta nell’Emilia-Romagna dei primi anni ’70. Una coppia di hippies, nel loro girovagare, si imbattono in un certo Antonio che li
accompagna nella villa dove lui vive con la sorella ed il cognato.
Nella suntuosa abitazione i due giovani incontrano strani personaggi: una zingara, una prostituta e un inquietante ubriacone (Lucio Dalla). Il padrone di casa li tranquillizza dicendo che egli è solo un produttore di vini ed ama ospitare strana gente. In realtà il signor Antonio è un pazzo che ha creato un meccanismo, una sorta di robot in grado di succhiare il sangue dai corpi umani.
Oltre a recitare come attore nella parte del cupo ubriacone dal volto indecifrabile, Dalla, all’epoca ben noto grazie a 4 marzo 1943 e Piazza Grande, fu anche autore della canzone che apre e chiude il film, e che reca il titolo omonimo.
Curiosità
Gli effetti speciali utilizzati nel film, ad esempio la doccia da cui fuoriesce sangue (in vero mescolato con vino, per la delizia dei due ragazzi) sono opera di Bobby Betta, padre di Stefano P. Betta. Il film fu girato interamente a Fiorenzuola d’Arda e Castell’Arquato nel piacentino.
la colonna sonora del FILM: "Il prato macchiato di rosso (1975)"
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