La Giudecca a Fiorenzuola si snodova attorno a via Mazzini, denominata all'epoca Contrada degli Ebrei.
In Corso Garibaldi al civico n.56 vi era il luogo di culto la: Sinagoga. Non vi erano segni distintivi sulla facciata in quanto il culto era ostentato. Vi si accedeva dal cortile interno oppure da passaggi comunicanti fra gli edifici di via Mazzini.
La comunità ebraica di Fiorenzuola d'Arda raggiunse le 200 unità. Gli ebrei fiorenzuolani erano dediti per lo più alla lavorazione delle lane e al commercio della tessitura (la fiera dei bozzoli). Località Follo prende appunto il nome dalla follatura praticata in quella zona dalla famiglia Fontanella.
Vi erano tre cimiteri. Il Cimitero dell'Argine, a due passi dal centro storico, proseguendo lungo via Bressani in direzione Piacenza, fra via Matteotti e via San Protaso, in riva all'Arda, e subì l'inondazione del 1700. E poi quello a Nord-Est del Cimitero cittadino.
Fino agli anni della rivoluzione francese, a Fiorenzuola sorgeva una delle cinque più importanti scuole di Teologia israelitiche, detta anche scuola rabbinica.
Nel 1925 la comunità di Fiorenzuola ridotta a poche unità passa sotto quella di Parma.
Anche in Alta Val d'Arda abbiamo varie testimonianze sulla presenza di insediamenti di ebrei. Località I Rabbini, il monte Moria omonimo del monte di Gerusalemme dove Salomone cominciò a costruire la casa del Signore, località Levrei (da Levi), il Rio degli Ebrei.
27 gennaio 2011
Inaugurata in occasione della Giornata della Memoria, alla presenza del sindaco Giovanni Compiani, dell’assessore alla Cultura Nicoletta Barbieri, del presidente del Consiglio comunale Santino Bravo, della storica Carmen Artocchini, la mostra “Gli ebrei a Fiorenzuola - Storia della comunità ebraica di Fiorenzuola. Sec. XV-XX”, che resterà aperta fino al 6 febbraio (tutti i giorni dalle 8,30 alle 12,30 e dalle 15,30 alle 18,30) all’ex Macello. Promossa dalla sezione fiorenzuolana di Italia Nostra, rappresentata dal presidente Luigi Ragazzi e dai curatori, Alfonso Setti e Beatrice Cabrini, la mostra, dedicata dagli stessi organizzatori al primo presidente di sezione Zilla Cremonini, propone ai visitatori un suggestivo percorso che racconta, attraverso immagini, documenti e cimeli, la storia della comunità ebraica fiorenzuolana tra il XV e il XX secolo: in esposizione immagini della sinagoga che ora c’è più, della scuola, della giudecca (il quartiere abitato dagli ebrei, compreso tra via Mazzini e corso Garibaldi immortalato in un dipinto di Norberto Civardi), i cimiteri (un tempo tre, oggi uno solo), le attività economiche, i racconti degli stessi curatori, le tracce architettoniche ancora presenti nelle vie di Fiorenzuola.
“Tra il ‘600 e il ‘700 la comunità ebraica fiorenzuolana visse il suo momento più importante – ha puntualizzato Luigi Ragazzi – in quel periodo erano circa 200 gli ebrei residenti in città, 16 i banchi di prestito gestiti da ebrei, 2 o 3 le confraternite che facevano riferimento ai cittadini di religione ebraica, 3 i cimiteri. Fiorenzuola in quegli anni poteva inoltre contare su un’importante scuola rabbinica”.
Dal sindaco Compiani è arrivato ai curatori un sentito plauso: “Questa splendida mostra ci consente di conoscere a fondo la comunità ebraica fiorenzuolana. Di conoscere meglio la nostra storia, di riflettere a fondo su un periodo, quello caratterizzato dalla persecuzione degli ebrei, che è bene ricordare a fondo per fare in modo che non si possa più ripetere. La storia e la memoria ci consentono di comprendere meglio il futuro. In quest’ottica, il prossimo 26 febbraio dedicheremo una giornata all’Unità d’Italia e ai moti che si tennero a Fiorenzuola, mentre il prossimo 25 aprile verrà dedicato ai nostri concittadini che furono deportati nei campi di sterminio”.
L’assessore Barbieri ha sottolineato il significato della Giornata della Memoria: “Questa non intende essere una ricorrenza formale, ma una giornata piena di significati e di contenuti sui quali meditare. Grazie a questa mostra possiamo comprendere il significato autentico della nostra storia: delle tracce e delle tradizioni di derivazione ebraica giunte fino ai giorni nostri. Un grazie, dunque, a Italia Nostra e al Circolo Filatelico, che ha contribuito all’allestimento della mostra”.
La Zobia e la parodia dell’ebreo nel carnevale di Fiorenzuola
Zobia (termine derivante dal latino iovia, cioè giovedì, che allude al giovedì grasso, collegando il Carnevale ai saturnali) è la maschera della vecchia, o della strega, nota in vari comuni dell’Italia settentrionale come la controfigura al femminile del Re del Carnevale, il protagonista dei cortei carnevaleschi del Medioevo.
Solo a Fiorenzuola però la maschera allude alla figura dell’ebreo.
Il carnevale è una festa popolare con la quale la società medievale esprimeva il suo bisogno di rinnovarsi eliminando tutti i mali accumulati nell’anno trascorso. La festa ereditava dai saturnali il tripudio per le calende di gennaio e i riti per la propiziazione delle nuove attività agricole. Immesso nella tradizione cristiana, era luogo comune che il carnevale, attraverso processioni, canti lirici in coro, musica, danza, drammaturgie in forme grottesche e satiriche avesse il potere di assicurare prosperità e felicità, svincolando i fedeli dai rigidi obblighi morali.
I protagonisti erano solo uomini; il rito raggiungeva il culmine in un corteo funebre tragicomico, nel quale fantocci, in sostituzione del re Carnevale e della Vecchia, venivano segati o bruciati, come atto purgativo del male. In origine il capro espiatorio non era un fantoccio ma un condannato a morte dalla giustizia. Spesso era un ebreo, comunemente accusato di essere il discendente di coloro che avevano ucciso Gesù.
Con il tempo, la condanna a morte fu sostituita dalla legittimazione del dileggio e delle angherie di cui erano vittima gli ebrei.
Nel carnevale romano ad esempio, la " giudiata " caratterizzava la fase conclusiva dei festeggiamenti. Tra i condannati da cui si voleva epurare la città c’era sempre un giudeo.
Poi le condanne a morte furono sostituite da un palio in cui si facevano correre ebrei nudi o con qualcuno sulle spalle; spesso gli ebrei erano costretti a pagare il conto della grande cena di carnevale. Nella giudiata l’ebreo, come re Carnevale, faceva testamento, confessava le malefatte per essersi arricchito con l’usura, subiva simbolicamente il processo e infine la condanna a morte.
A Roma però non compare la Zobia.
E’ difficile dire quando e come la Zobia divenne a Fiorenzuola maschera dell’ebreo o se anche solo come vecchia-strega esisteva già prima dell’arrivo degli ebrei a Fiorenzuola. Certo era connessa con le presenze ebraiche nella città. La prova è nella sua caratterizzazione gestuale nei riti carnevaleschi: la vecchia (ed è già significativo che non porti maschera ma abbia il viso tinto di nero) combina scherzi ai ladri e ai malfattori; li mette in ridicolo rubando lei stessa, tratta un affare con un’altra persona imitando la compra-vendita di stracci, incassa o prende a prestito soldi e se ne va lasciando discordie. Erano forse solo scenette esilaranti sul commercio di stoffe o come a Roma si dava sfogo a una becera intolleranza? Non si sa che cosa venisse detto dalla Zobia per deridere il commerciante di stoffe ebreo (non esistono forme letterarie che lo attestano).
Certamente gli ebrei nel carnevale fiorenzuolano erano canzonati per il loro modo di parlare l’italiano lentamente e il loro linguaggio veniva storpiato e cantilenato fino all’inverosimile e al grottesco. La Zobia inoltre mimava uno scambio di stracci.
Ma perché il mercante di stoffa ebreo? Questa aggressione carnevalesca va vista come rivalsa del ceto povero sui ricchi mercanti ebrei che all’inizio del XVIII secolo avevano ottenuto il controllo sulla fiorente industria tessile, a discapito dei tradizionali contadini-tessitori.
Nel Settecento però le autorità locali non tollerarono più questa violenza antigiudaica e la punirono duramente. Infatti nel 1704 il duca Franco Maria Farnese confiscò i beni di quei contadini che avevano preso parte alle violenze del carnevale del 1703. Successivamente nel 1738 proibizione il podestà Gandolfi proibì le violenze ai danni degli ebrei durante il carnevale. Nello stesso anno il conte Wagsel del presidio austriaco concede ai deputati Moruzzi e Longhi, che lo richiedono a nome della popolazione, l’uso della maschera dell’ebreo nel carnevale ma non la licenziosità e l’insulto diretto all’ebreo.
La giudiata carnevalesca si protrasse a lungo qui come a Roma, per poi perdere col tempo ogni riferimento offensivo all’elemento ebraico.
Oggi infatti resta nel carnevale la maschera con l’allusione antiebraica ma l’aggressione antigiudaica non esiste più.
Bibliografia
Rino Bertoni, Andiamo in Zobia, tradizione e estetica del carnevale fiorenzuolano, Casa Editrice Vicolo del Pavone, Piacenza 2001 e sua bibliografia
Carmen Artocchini, La zobia deriva dall’antica maschera ebrea? Quotidiano Libertà del 23 febbraio 1968
Carlo Lapucci, Dizionario delle figure fantastiche, Milano Vallardi- Garzanti 1991
Emilio Ottolenghi, Il memoriale di Moruzzi e Longhi, in L’illustratore ecclesiastico piacentino, Piacenza, tip. Bricca, sd
Emilio Ottolenghi, Fiorenzuola e dintorni, ed. Atesa, Piacenza sd
Paolo Toschi, Le origini del teatro italiano, Boringhieri, Torino 1979